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mercoledì 14 novembre 2018

La stazione marittima


La notizia non sta tanto nella previsione di realizzazione di una stazione marittima a Portoferraio, come opportunamente si legge nel bilancio di previsione 2019, approvato nei giorni scorsi dal Comitato di gestione dell'Autorità di Sistema Portuale del mar Tirreno settentrionale di Livorno. Quanto nel non aver ancora dotato il porto della maggiore isola della Toscana di una struttura adeguata che possa definirsi stazione marittima dalla fine della seconda guerra mondiale, da quando cioè Portoferraio cambiò drasticamente la sua vocazione da porto industriale a porto mercantile per merci e passeggeri, fino a oggi. Ossia, per correttezza d’informazione, un punto di accoglienza c’è. E’ stato realizzato, intervenendo su alcuni locali a piano terra dell’ex edificio della Cromofilm, ultimamente ristrutturati e dotata anche di un vigilante che ne controlli la funzionalità e la frequentazione. Ma oltre a questo non siamo andati, se non nell’assistere a un susseguirsi di progetti che avrebbero dovuto ridisegnare la gestione del porto di Portoferraio. Eppure il porto di Portoferraio ha fatto registrare lo scorso anno (insieme con quelli di Cavo e Rio Marina) un traffico di 3,1 milioni di passeggeri/traghetti e di 29.824 croceristi, stando ai dati diffusi dall’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Settentrionale, senza contare il movimento di merci che è stato di con 2.580.786 tonnellate. Insomma i numeri ci sarebbero per dare mano a un progetto come si deve. Ritornando al bilancio dell’Auctority, sembrerebbe di trovarci davvero alla vigilia della concretizzazione di un progetto che senza dubbio doterebbe il capoluogo elbano di una stazione marittima al passo con i tempi e che risponda alle esigenze non solo della comunità elbana, degli ospiti nazionali e stranieri ma anche degli enti che insistono sulla zona portuale di Portoferraio. E i referenti dell’Auctority hanno messo gli occhi addosso al palazzo della Cromofilm per trasformale in stazione marittima. Si parla di un costo complessivo di tre milioni di euro. «Il progetto preliminare - ha detto Angelo Del Mastro, assessore comunale al Demanio - può anche andare nell'aspetto per così dire della struttura esterna. Ma sulla disposizione e la destinazione dei locali al suo interno abbiamo presentato alcune osservazioni che sono state recepite e accolte. Pensiamo innanzitutto alla collocazione degli ormeggiatori che devono disporre di ambienti con vista mare, considerata la loro professione, gli operatori portuali e poi ci sono i vari uffici militari come la Guardia di Finanza la Dogana e così via». Intanto si partirebbe con la prima fase dell'intervento che prevede la spesa di un milione e 830mila euro. Che serviranno per il recupero e l'adattamento dei due fabbricati. Lo scopo resta quello di «dare uniformità prospettica - si legge nella nota pubblicata sul sito dell'Autorità portuale livornese - a tutto il fronte mare. Verranno creati così locali al piano terra adibiti a stazione marittima e ai piani superiori locali destinati alle forze dell'ordine presenti in porto», sulle quali le giunta Ferrari ha posto alcuni "distinguo". "L'intervento - continua la nota -si propone di creare uno spazio di integrazione tra città e porto. Infatti ha come obiettivo il miglioramento della fruizione degli spazi portuali da parte degli operatori economici e degli utenti garantendo standard elevati, creando nel contempo uno spazio pubblico più vivibile per i cittadini che risiedono nel comune di Portoferraio». Il 2019 dunque sarà l'anno decisivo per la realizzazione della stazione marittima all'Elba.

venerdì 2 novembre 2018

lunedì 29 ottobre 2018

Il ponte di Vigneria si arrende alle onde della bufera


RIO MARINA
Più volte colpito da marosi con onde altissime sollevate dal forte vento di scirocco-levante, il pontile di Vigneria si è sempre risollevato. Ritornò ogni volta più imponente. Più tetragono di prima. Ma oggi siamo purtroppo al "De profundis" dell'ultima struttura di Rio Marina siderurgica. Il mare l'ha steso sul fondale, ridisegnando e riprendendosi la linea di costa, così come l'aveva creata in millenni, senza l'intervento dell'uomo. La prima mareggiata che dovette subire (quella che si ricorda a memoria d'uomo) risale al novembre 1962. Il danno fu serio, ma non irreparabile. Il 17 febbraio 1967 un altro fortunale si accanì contro di lui. Quello fu un periodo difficile per le miniere elbane. Si parlava spesso di "scarso rendimento" dei minerali. Di elevate impurità del prodotto. Di costi eccessivi, preannunciando un’imminente cessazione delle attività. Ebbene l'Italsider s'impegnò lo stesso nella riparazione. Chiese e ottenne dal Comune l’utilizzo del pontile di Cavo, dotandolo di una rampa per gli autocarri e un nastro mobile per il caricamento. Un'ennesima mareggiata si verificò il 22 dicembre 1979. La struttura resistette a lungo alla furia degli elementi, in virtù delle zampe di ferro ben ancorate sul fondale marino. Purtroppo però, verso sera, "il ponte d'oro", come lo chiamavano gli 'sviati', i poderosi giovanotti riesi che avevano l'incarico di seguire ogni momento la caricazione, si arrese al temporale. Le lesioni subite dall’attracco resero impossibile la spedizione a Taranto dei silicati di magnesio. Tale circostanza non fece altro che alimentare le perplessità della società concessionaria di continuare la coltivazione mineraria all'Elba. Ma anche in questo caso l'Italsider superò la crisi, servendosi del porto di Rio Marina. Intanto gli operai dell'officina lavorarono al pontile. Alla fine dell'estate era di nuovo pronto. Furono installati due nastri trasportatori che trasferivano sulle stive delle navi 800 tonnellate all'ora di minerale. "Ma sulle miniere – concludeva lo storico locale Giuseppe Leonardi - si addensavano nubi scurissime. Altre burrasche più dirompenti delle mareggiate erano segnalate dal barometro". Come si sa, la miniera fu abbandonata nel 1981 e la concessione dismessa nel 1992 .

giovedì 18 ottobre 2018

Poggio, borgo di artisti



Nel piccolo centro di Poggio, nel Borgo dei Pini, sui contrafforti del monte Capanne, è iniziato il Corso di Sceneggiatura cinematografica curato e organizzato dalla regista Nora Jaenicke. A ospitare per un mese questa importante manifestazione internazionale saranno i locali dell’ “Accademia del Bello” di Paolo Ferruzzi e quelli del "Luogo della Parola" di Patrick e Susanne Harford. La regista Jaenicke ha scelto queste Sedi oltre Casetta Drouot per averci girato lo scorso anno il film “Whales” che nel termine cinematografico è definito “corto” e che in questa categoria ha vinto i Festival internazionale più importanti e prestigiosi da quello di New York a quello di Parigi, da Londra a Los Angeles, da Montreal a Calcutta, da quello di Copenaghen al Medina Film Festival e agli European Cinematography Awards in Polonia. Il Corso di Sceneggiatura cinematografica sarà tenuto dai professori Rudy Thauberger e Michael Holden. Michael Holden è sceneggiatore e giornalista. Ha scritto per il prestigioso giornale “The Guardian” e altri importanti giornali. Ha scritto sceneggiature per diverse produzioni cinematografiche e indipendenti. Al momento sta sviluppando progetti negli Stati Uniti e in Inghilterra. E’ stato classificato tra i 100 migliori scrittori di Hollywood nel 2016 . Insegna scrittura cinematografica a The London Film Academy. Rudy Thauberger è autore delle sceneggiature per i film “Rhino Brothers” e “Chicago Heights” (con Daniel Nearing) e il cortometraggio “Goalie”. Ha scritto per numerosissime serie tv del SyFy network e il film “Snowmaggedon” e “12 Disasters of Christmas”. Ha vinto il prestigioso premio letterario BC Literary Rites ed è stato finalista del Canadian National Palywriting Contest . Ha ottenuto un Master of Fine Arts in scrittura creativa all’Università di British Columbia a Vancouver. Per tutto un  mese  gli studenti saranno seguiti per la  scrittura creativa nei locali del “Luogo della Parola” mentre per la visione di film e dibattiti nel salone dell’ “Accademia del Bello”. Gli studenti  provenienti da diverse nazioni elaboreranno sceneggiature già da loro scritte come Nora Behrman di Telaviv che ha scritto una sceneggiatura su una storia d’amore tra due giovani ragazze all’interno della comunità’ di ebrei ortodossi. Nora Behrman  ha già realizzato diversi corti che hanno vinto numerosi premi. Ha studiato Montreal all’Università McGill. Julia Penner proviene da Berlino e svilupperà una serie televisiva che tratta di un dramma politico all’interno del contesto di una importante famiglia del partito “verde”. Julia Penner ha studiato recitazione e scrittura cinematografica a Berlino ma ha viaggiato e vissuto in diversi Paesi prima di tornare a vivere in Germania. Venika Mitra viene dall’India e scriverà una sceneggiatura su di un bambino che si Imbarca in una avventura attraverso la città di Mumbai con l’obiettivo di trovare il Mango più dolce che ci sia per la bambina della quale è innamorato. Venika Mitra ha già girato un cortometraggio che spera di trasformare in lungo e con il quale  è stata premiata al Cannes Divrersity Film Festival. Lara Hemingway di New York intende  sviluppare diverse idee che ha nel cassetto. Lara Mirkoci viene da Toronto e a Poggio vuole sviluppare  un dramma di famiglia. Kartik Singh nativo dell’India è cresciuto in Kansas e  vive a Parigi da più di dieci anni. E’ scrittore di professione e frequenta questo Corso per sviluppare una storia che tratta di un macellaio che vende carne umana facendosi  ispirare, nello stile,  da “Monsieur Verdoux” di Charlie Chaplin Christinbe Castillo è originaria delle filippine ma vive a Boston  e adatterà un libro. Mary Conroy sarà la “meno giovane” degli altri studenti la cui età è tra i 20 e i 30 anni. Mary Conroy è già professoressa di sceneggiatura presso la Boston University ma viene per essere di nuovo “studentessa” sostenendo  che non si “smette mai di imparare”. Per un mese a Poggio e nel Borgo dei Pini con l’Accademia del Bello e il Luogo della Parola si parlerà la lingua internazionale del cinema. Qualcuno disse che la Cultura non paga. Noi sosteniamo invece che la Cultura paga come con questa esperienza che porta alta oltre l’estate e nel mondo l’immagine dell’Elba con tutta la sua bellezza.

       






mercoledì 3 ottobre 2018

La vendemmia dell'Ansonica, come avveniva sull'Isola di Chio


La seconda parte dell'esperimento realizzato dall'azienda Arrighi di Pian del Monte si è conclusa ieri mattina con il recupero delle sei ceste di vimini cariche di Ansonica, lasciate immerse per cinque giorni a sette metri di profondità su un fondale di nove metri, nel golfo di Porto Azzurro, sull'esempio di quanto era praticato a partire dal VII a.C. sull'isola di Chio. Si tratta di far appassire l'Ansonica in un più breve tempo rispetto a quello tradizionale (solo con l'esposizione dell'uva appena colta esposta sui graticci al sole), esaltando le sue qualità e i suoi valori. È quanto cercheranno di dimostrare Antonio Arrighi e le due laureande in viticoltura Giulia Arrighi (Università di Firenze) e Naomi Deaddis (Università di Pisa) che su questo faranno la loro tesi di laurea. A queste si è aggiunta l'enologa dell'azienda Laura Zuddas. L'esperimento prende le mosse da una ricerca di Attilio Scienza, docente ordinario di viticoltura all'università di Milano e concretizzata dal titolare dell'azienda di Porto Azzurro Antonio Arrighi. «Ora si tratta di verificare - chiarisce la seconda parte dell'esperimento lo stesso Arrighi - se davvero l'uva che è stata tirata fuori dalle ceste in mare "appassisce" prima rispetto a quella non trattata. Sta di fatto che la prova che abbiamo messo in essere è la prima in senso assoluto che si tenta di realizzare dopo duemila e 400 anni». Il mare, in pratica, con la sua azione salina elimina dalla buccia dell'uva la patina di pruina, quel velo ceroso che viene creato dalla pianta sulla superficie degli acini, mantenendo però i valori e le qualità organolettiche. Le stesse che, nel mondo antico, avevano fatto apprezzare un po' da tutti gli abitanti del bacino del Mediterraneo il vino che si produceva su quest'isola greca dell'Egeo. Al punto tale da essere paragonato al mitico Falerno. «E dal momento che è stato verificato - continua sempre il viticoltore Arrighi - che la nostra Ansonica ha delle notevoli analogie genetiche con l'Ansonica-Inzolia, allora mi sono chiesto: perché non riprendere quella tecnica e riportarla in auge, sempre operando su un prodotto di alta qualità?». Così è avvenuto con la prima parte che è consistita nella vendemmia e nell'immersione dei grappoli nelle ceste in mare, grazie ai sub Francesco Croci (Lavori Subacquei), Piergiacomo De Cecco e Chiara Luciani (Biodivers-Elba Sea Academy). Dopo il recupero dell'uva avvenuto ieri mattina a cui ha partecipato con un servizio di coordinamento e sorveglianza il personale dell'ufficio marittimo di Porto Azzurro e della Guardia costiera della Capitaneria di porto di Portoferraio, ora è iniziata la terza parte dell'esperimento con l'esposizione sui graticci dei grappoli. Quelli che provengono dalle ceste da una parte, messi però accanto a quelli che invece non hanno subito tale trattamento e che sono stati raccolti lo stesso giorno del recupero (ieri). Tutto si giocherà sul tempo d'esposizione al sole degli acini prima che questi appassiscano. E il risultato è tutt'altro che scontato. A completamento dell'intera operazione si eseguirà la pigiatura nella gabbia degli acini. Il nettare che si ricaverà sarà messo in anfore di terracotta a fermentare. Insomma esattamente come avveniva nel mondo greco, a partire dal VII a.C. in poi. «Faremo però un trattamento medio - corregge sempre Antonio Arrighi - perché questo è semplicemente un test che poi sarà vagliato e analizzato attentamente». E qui entrerà in gioco l'Università di Pisa che collabora con il team elbano per condurre le varie analisi sul prodotto ottenuto dalla vendemmia di quest'anno. Ogni singolo passaggio è stato documentato con fotografie e filmati. Il materiale sarà presentato a Montpellier (Francia), in occasione del Festival del Vino che si svolge ogni anno nel mese di settembre.

L'isola di Chio era famosa nell'antichità perché produceva un vino prelibato, un "vino per ricchi", come lo definì Plinio. Faceva bella mostra di sé sul ricco mercato di Marsiglia e figurava giustamente della cerchia di vini greci. Il vino di Chio era dolce e alcolico. Aveva una prerogativa che altri produttori non possedevano. Che cos'era che lo rendeva aromatico a lungo? Una pianta che cresceva solo sull'Isola, il terebinto, e la presenza del sale nel vino derivato dall'immersione per alcuni giorni dell'uva in ceste.


martedì 2 ottobre 2018

Marco Balzano ha vinto il premio Raffaello Brignetti


C’è una ragione in più, perché “Resto qui” (Einaudi), il romanzo di Marco Balzano trionfatore della 46ª edizione del premio internazionale Isola d'Elba 2018 Raffaello Brignetti, sia stato così apprezzato dalla giuria letteraria come da quella popolare. Gli Elbani conoscono cosa significa attaccamento alle proprie radici. L’amore alla terra dei padri, che raramente abbandonano. E se lo fanno, è perché sono costretti, spinti dal bisogno di lavorare. Sono emigrati in Australia, Argentina, in America del nord. Ma il senso d’appartenenza, quello no che lo abbandoneranno mai. Si giustifica in questo modo il lungo applauso del pubblico, appena Alberto Brandani, presidente della giuria, dopo aver rimandato per due volte la cerimonia di proclamazione del vincitore e cambiata pure la sede (dal chiostro dell’ex convento francescano alla sala convegni dell’hotel Airone) ha pronunciato, il 22 settembre, il titolo del romanzo “Resto qui”, scritto da Balzano come vincitore dell’edizione del Brignetti. La cerimonia ufficiale si è svolta in una sala gremita di autorità civili e militari, di nomi dell’imprenditoria privata dell’Elba, giurati popolari e cittadini. Madrine della serata sono state la conduttrice televisiva Vira Carbone e la showgirl Valeria Altobelli. Ed è stato sempre Alberto Brandani a presentare la novità di questa edizione con l’istituzione del premio un “Amico per l’Elba”. Nelle intenzioni degli stessi giurati, sarà assegnato per i prossimi tre anni. La prima vincitrice è risultata la stessa presentatrice, Vira Carbone. I giurati hanno riconosciuto in lei la star della trasmissione televisiva della Rai, Uno Mattina. Hanno voluto così premiare la professionalità dimostrata in lunghi anni trascorsi da inviata di ‘Porta a Porta’, passando infine alla conduzione di Uno Mattina Estate, presenta dal 2014 su Rai1 Buongiorno Benessere. «E benessere - ha spiegato Alberto Brandani - insieme alla bellezza della natura e della cultura rappresenta il top delle qualità che intendiamo premiare con questo riconoscimento». Non dunque un personaggio dell'Elba, ma uno che nella sua professione ha lavorato per l'Elba. «Per quest'anno - continua il presidente - abbiamo seguito negli ultimi cinque anni professionisti che hanno sempre promosso le bellezze naturali, culturali e anche il benessere fisico e psichico. Non abbiamo avuto dubbi nel designare Vira Carbone». Parliamo ora del vincitore del premio letterario. Ancora un altro quarantenne, dopo le affermazioni di Benedetta Tobagi, Marco Missiroli e oggi di Marco Balzano, arrivato secondo al premio Strega di quest’anno. «Proprio nella settimana della venuta del presidente Sergio Mattarella all'Elba - ha concluso Brandani - premiamo un romanzo estremamente attuale, che fa riflettere su valori importanti come la famiglia, la patria e il senso di appartenenza al proprio territorio». Marino Biondi ha letto le motivazioni della giuria letteraria. “Il romanzo di Marco Balzano si riconnette a un filone significativo della narrativa italiana del secondo '900: quello di una appassionata tensione civile che ci invita a riflettere sui nodi irrisolti di una storia che continua a riguardarci da vicino. Con esemplare asciuttezza e senza mai cadere nella retorica del politicamente corretto, Marco Balzano, al suo quarto romanzo, racconta una vicenda a suo modo esemplare, in cui le sopraffazioni della Grande Storia finiscono per accanirsi soprattutto  sui più deboli, sugli emarginati. Gli abitanti di un piccolo paese della Val Venosta, la cui lingua madre è il tedesco, devono lottare prima con il fascismo, che vuole imporre una italianizzazione forzata nel Sudtirolo, emarginando chi non si adegua; poi con il nazismo, infine con la neonata repubblica, che negli anni ’50 si ostina a realizzare un vecchio progetto: quello di un invaso idroelettrico che finirà per sommergere il paese, e sconvolgere per sempre antichi equilibri naturali, umani ed economici, e con essi la dignità di quel piccolo mondo. Nella difesa delle radici della comunità montana sarà una intensa figura femminile, Trina, la contadina che sognava un futuro di maestra, a battersi con lo speciale, istintivo coraggio delle donne, a non rassegnarsi alle sopraffazioni delle istituzioni e dell’imprenditoria più cinica e spregiudicata. Benché ambientato nella prima metà del ‘900, il romanzo di Marco Balzano finisce per mettere lucidamente in discussione i grandi temi di oggi: il significato delle frontiere, i drammi delle migrazioni, il ruolo e la tutela delle minoranze, i meccanismi delle tensioni etniche, le violenze del potere, i limiti di una finta modernità e i danni spesso irrimediabili che produce”. Ha aggiunto l’autore ai microfoni dell’Airone: “La mia è una storia di confini che mette al centro il dilemma fra progresso e democrazia, progresso e popolazione. E' un libro sul rispetto del paesaggio e su una forza particolarmente femminile che sottolinea l'importanza per restare, per cambiare il proprio mondo”. Quest’anno gli organizzatori del premio letterario Elba non andranno in letargo. Lo stesso presidente Brandani ha annunciato che saranno programmati incontri con gli studenti delle superiori per avvicinare ancor di più i giovani alla letteratura contemporanea.

mercoledì 19 settembre 2018

L'Elba nella storia


L’Elba nella storia, nel mito e anche nella leggenda. Re, papi, principi, imperatori e poi poeti, letterati insomma una teoria lunghissima di personaggi famosi (senza tralasciare i politici di ogni periodo) ha calpestato questa terra. Ma anche saraceni e pirati come Dragut, che raderà al suolo Grassera. Da sempre la maggiore Isola della Toscana ha fatto parlare di sé. Nel bene e nel male. Si comincia con Omero che la menziona grazie alla partecipazione di trecento elbani nella guerra di Troia, a fianco di Priamo. Si prosegue poi con il contributo di un contingente di soldati “armati del patrio metallo”, nella battaglia di Canne. Peccato che i suoi abitanti si schierassero nell’uno e nell’altro caso sempre dalla parte dei perdenti: i Troiani prima e i Romani poi, sulla riva dell’Ofanto. E’ stato il ferro la ragione della sua fortuna, oltre all’invidiabile posizione geografica e alla bellezza del suo territorio apprezzata nei secoli. Fu comunque questo minerale il principale motivo d’attrazione che portò sul Tirreno Giasone e gli Argonauti. Gli eroi greci vagavano in lungo e in largo per il Mediterraneo alla ricerca del Vello d’Oro, come ci tramandano Diodoro Siculo e Strabone. A loro la leggenda attribuisce la fondazione di Argo (la città ideale voluta da Cosimo de’ Medici, oggi Portoferraio). Il ferro è comunque la causa di colonizzazione dell’isola da parte degli Etruschi, il popolo che aveva imparato a fondere le pietre. Le colline così ricche di minerale luccicante sotto il sole finirono per ispirare anche Virgilio che menzionerà l’Elba nell’Eneide “Insula inexhaustis Chalybum generosa metallis”. E una altro poeta latino, Ovidio, nel I secolo d.C., sbarcò sulla piana di San Giovanni per raggiungere la villa delle Grotte della famiglia dei Valeri, perché la gens patrizia romana intraprendesse (inutilmente) un’azione d’indulgenza presso l’Imperatore che lo aveva condannato all’esilio sul mar Nero. Attorno all’XI secolo si contesero l’Elba le repubbliche marinare di Genova e Pisa. Quest’ultima accrebbe la sua ricchezza con l’esportazione del ferro e del granito di San Piero. Nel 1376, la flotta papale, che stava trasferendo la curia da Avignone a Roma, s’imbatté in un fortunale a largo dell’Elba. Trovò riparo sulla costa sud dell’Isola e il papa, Gregorio XI, sbarcò a terra per raggiungere la chiesa di San Michele, a Capoliveri, dove celebrò messa. Alla fine del Trecento si passò dal dominio pisano alla dinastia degli Appiani, signori di Piombino. Ecco la leggenda di Isabella Mendoza, reggente del Principato di Piombino, che faceva imprigionare nel castello del Giove i suoi amanti per poi ucciderli. E’ nell’Ottocento che l’Elba appartenne alla Repubblica francese e nel 1814 (per nove mesi) divenne Principato dell’Imperatore Bonaparte, sconfitto a Lipsia. Nel Novecento l’Isola trasformò pelle, divenendo industriale. Sorsero gli altiforni dell’Ilva a Portoferraio e nacque la questione operaia. I diritti dei lavoratori furono difesi (fra gli altri) dall’anarchico Pietro Gori, che morrà proprio a Portoferraio. Ma il secolo sarà caratterizzato da personaggi di primissimo piano. Anche in Letteratura, ad esempio i nobel Heinrich Böll ed Eugenio Montale. Come non menzionare l’ultimo re d’Italia, Vittorio Emanuele III che presiederà per tre giorni le manovre della Marina militare? E nel 1936 e poi nel ’38 scenderà dall’idrovolante il duce. Non mancheranno di venire all’Elba ministri e alte cariche dello Stato, come Giovanni Spadolini presidente del Consiglio. Poi Francesco Cossiga, presidente del Senato, che interverrà nel luglio 1984 ai festeggiamenti del centenario della costituzione del municipio di Marciana Marina, insieme con Oscar Scalfaro (futuro presidente della Repubblica) e Franco Maria Malfatti che a Marciana Marina possedeva un’abitazione.