La frazione di Cavo, da punta di
diamante per l'ex comune minerario di Rio Marina per quanto riguarda
lo sviluppo di aziende turistiche prevalentemente a conduzione
familiare, a zona depressa dal punto di vista economico: il passo è
stato celere. Una mano (forse) a far precipitare le richieste di
soggiorno nella famosa località balneare del versante nord est
dell'Isola è stato, nei primi anni del Duemila, il ripascimento
dell'intero sviluppo costiero con materiale di scarto proveniente dal
comparto minerario. Fatto sta che, a ogni mareggiata, il mare
sollevava il fondo marino con il risultato finale di trasformare
l'acqua, prima così tersa e limpida, in una poltiglia fangosa, per
nulla invitante a farci il bagno. A chiudere il quadro, la crisi
strisciante che ha investito l'Europa e l'Italia e che ha decimato i
clienti abituali che si fermavano (fino negli Settanta-Novanta) anche
per quindici giorni nelle strutture alberghiere che qui erano sorte.
Erano a conduzione familiare, dove si poteva trovare cordialità,
accoglienza e buona cucina, quella semplice fatta a chilometro zero,
quando neppure si parlava di questa formula, eppure qui si praticava.
La famiglia aveva il proprio orticello da cui prelevava, pomodori,
verdure e altri prodotti dell'orto che venivano serviti in tavola. E
il pesce appena pescato dal capofamiglia. Oggi niente è rimasto
così. Che Cavo avesse la vocazione a essere una località turistica
lo si era intuito fin dagli inizi del secolo scorso, quando il
concessionario delle miniere Tonietti la elesse come luogo di
villeggiatura per sé e per la sua famiglia, erigendo una villa sul
mare con relativo porticciolo. La frequentarono personaggi del
calibro di Marinetti e Simenon. Oggi le cose sono cambiate. I suoi
abitanti chiedono maggior attenzione all'amministrazione comunale e
investimenti sulla frazione che possano garantire prosperità e
benessere. L'ultima assemblea che si è tenuta, nei giorni scorsi nei
locali della Misericordia alla presenza degli amministratori, ha
evidenziato questo. Fino ad arrivare alla novità
assoluta: la richiesta di realizzazione, cioè, di un impianto
termale, sfruttando l’acqua calda a 47,7 gradi che fuoriesce dal
pozzo di Valle Baccetti (portata di 12 litri al secondo) che
rappresenterebbe la chiave di volta dal punto di vista del rilancio
economico non solo della frazione di Rio Marina, ma dell’intero
versante ex minerario. Più facile a dirsi che a farsi, se non ci
fossero le solite pastoie burocratiche. Ma l'assemblea ha lanciato un
segnale: tutti (amministratori e amministrati) hanno concordato nel
voler fare sistema. Non più, dunque, critiche. Bensì proposte di
collaborazione. I dati ricordati nel corso della riunione sono
purtroppo noti: attività artigianali e commerciali che chiudono.
Giovani che non hanno prospettive col rischio di vedere la frazione
di Cavo sempre più depauperata di forze per il ricambio
generazionale. «I contraccolpi della crisi economica che ha
investito il nostro Paese - ha aggiunto il vicesindaco, Giovanni Muti
- si sono fatti sentire anche qui. Cerchiamo, insieme, di invertire
la tendenza per uscire da questo stato delle cose». Scontato che
alla fine si finisse di parlare delle terme e del loro eventuale
posizionamento. Non c'è una persona a Cavo che si sia pronunciata a
favore di Cala Seregola, nell’ex comparto minerario, la zona che
dista dal centro abitato circa 6 chilometri ma che avrebbe di contro
la giusta volumetria di fabbricate esistenti. «Ma c'è un problema -
ha messo la mani avanti Galli - bisognerebbe ottenere dal Parco che
ne è proprietario il cambi di destinazione d’uso. Passaggio che
non è facile raggiungere, visto che se ne parla da tempo senza
riuscire a portare a casa qualcosa a noi favorevole». Tutti i
cittadini presenti in sala hanno espresso il loro parere secondo cui
l’erigendo stabilimento non debba essere discosto dal centro
abitato. Le ex cave delle Paffe, un sito abbandonato dalle miniere e
mai però recuperato dal punto di vista ambientale, potrebbero essere
l’ipotesi più praticabile. «Ma il luogo - ha puntualizzato il
sindaco di Rio Marina - ricade sotto le direttive del Pit regionale
che stabilisce di non erigere nuovi fabbricati nei primi trecento
metri dalla riva del mare». Un nodo gordiano di difficile
scioglimento. «Il nostro impegno - ha incalzato Giovanni Muti - è
quello di dare risposte certe ai cittadini, rispondere alle loro
esigenze e ai loro bisogni. Per questo continueremo a lavorare per
vedere di realizzare il progetto termale, sperando di non impiegare
tempi biblici». Alla riunione anche Fabrizio Baleni: «Non ho
parlato come consiglieri di minoranza - ha detto al termine
dell’assemblea - ma da semplice cittadino che vuole risolvere i
problemi per il bene di Cavo. Non sono tanto d’accordo con il
sindaco Galli quando dice che niente vieta che gli imprenditori
locali possano usufruire dell’acqua calda per le loro necessità.
Bisogna andare nella direzione di costruire lo stabilimento termale.
Poi - ha concluso - viene tutto il resto».
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