Con ancora fresco nella mente il
collegamento trasmesso da “Agorà” su Rai3 da Rio Marina e Rio
Elba e soprattutto dopo aver sentito le battute ironiche della
giornalista Irene Benassi e dello studio di Roma, in merito al
prossimo Referendum indetto dalla Regione sulla riunificazione delle
due municipalità di Rio (la Marina di Rio ha raggiunto la sua
autonomia nel 1881, staccandosi da una costola da Rio Castello), si
deve prendere atto che il clima sul versante orientale dell'Isola non
è sereno. Affatto. In un certo senso come fu all'epoca in cui ci fu
la divisione. Oggi, come allora, a Rio Castello gli animi sono
accesi. Irosi. Non disposti ad accogliere qualsiasi compromesso che
ne cambi lo 'status quo'. I Castellani attaccati, ancorati ai propri
privilegi. In più sospettosi che, qualora si procede alla unità dei
due Rio, chi è destinato a perdere le proprie prerogative sia
proprio il colle, rispetto alla piaggia, più numerosa per abitanti e
anche più propositiva in termini di imprenditoria privata e
pubblica. La parte del brutto anatroccolo sarebbe, comunque destinata
a Rio Elba. Ragion per cui, non si metta mano alla “rivisitazione”
del Comune. Così la pensano i sostenitori del No. Ognuno deve stare
padrone in casa propria, dicono. Strano, ma è lo stesso copione
(naturalmente a parti invertite, perché allora ci si staccò, mentre
oggi c'è la volontà di riunirsi in un unico ente pubblico), meglio
dire atteggiamento di oltre cent'anni fa, quando allora la classe
dirigente di Rio Castello, costituita prevalentemente da borghesi e
ricchi possedenti terrieri, si arroccò nella decisione di non
concedere l'autonomia (poi invece ottenuta) agli abitanti della
piaggia, formata da padroni marittimi e imprenditori, arrivando anche
a veri e propri tumulti di piazza. Due partiti, due posizioni
contrapposte, che hanno fatto dichiarare nella trasmissione di Agorà
a Senio Bonini, elbano di nascita, quindi conoscitore della storia
locale, “Sia quelli del coccolo in su, sia quelli del coccolo in
giù, sono tutti riesi”. Come dire caparbi. Irriducibili. Insomma
al colle si ha paura di perdere la propria identità. Ecco come
riassume la situazione Pino Coluccia, ex sindaco di Rio Elba .e oggi
sostenitore del No: se vince il Sì Rio perderà i suoi patroni Ss.
Giacomo e Quirico martire; non ci saranno più lo stemma e il
gonfalone; non si avranno più il sindaco e le risorse per il
territorio; Rio Elba perderà gli uffici comunali, la banca e la
posta, come pure le scuole; e vedrà compromesso il valore
patrimoniale.
I fautori della riunificazione si fanno
forti invece del fatto che gli incentivi statali sono molto
rilevanti. In termini pro capite si parla, in 12 fusioni su 15 del
contributo che oscillerebbe tra 100 e 180 euro. Nelle realtà più
piccole, come quella isolana appunto, si supererebbero addirittura i
400 euro. Per favorire i percorsi di fusione, la legge di bilancio
2017 dello Stato ha innalzato gli incentivi (per un periodo di dieci
anni), portandoli dal 40 al 50 per cento dei trasferimenti statali,
con una soglia massima di 2 milioni di euro. Ma non bastano gli
incentivi economici, per ristabilire l'armonia tra le due Rio. In un
certo qual modo gli amici di Rio Castello hanno ragione di essere
titubanti. Non sanno, per esempio, quale sarà l’idea progettuale
per il nuovo comune. Quali saranno le iniziative da sviluppare
insieme, rese possibili solamente dall’unione delle forze. Tutti
quesiti cui si doveva rispondere. Che, comunque, compongono l’oggetto
del percorso di partecipazione, fondamentale, per raccogliere e
consolidare il consenso. Siamo tutti convinti che serva una spinta
riformista maggiore da parte dello Stato, per accelerare il percorso
di riorganizzazione delle istituzioni locali. Qui all'Elba, come
altrove. Incentivi a parte, il consenso locale va costruito con
un’importante operazione culturale, condotta su base locale e
nazionale.
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