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mercoledì 8 luglio 2020

Una preziosa pergamena all'archivio di Rio nell'Elba


«Stiamo valutando l’ipotesi, insieme con l’amministrazione comunale, di trovare una sede idonea per ospitare i testi più rilevanti conservati nell’archivio storico di Rio Castello».Così Gloria Peria, direttrice scientifica della Gestione associata degli Archivi storici comunali dell’Isola d’Elba. Nessun trasferimento, dunque, di importanti testi a Rio Marina, come era stato ventilato da qualcuno, dopo l’unificazione delle due municipalità avvenuta nel gennaio 2018. Tutt’altro. Semmai, si cerca la misura di rendere sempre più disponibili al più vasto pubblico le importanti opere che sono conservate in questo comune che contende, a quello di Marciana, la palma di essere la più antica istituzione amministrativa sull’Elba. E sono due i testi che attirano particolarmente gli studiosi, ricercatori, laureandi o semplici curiosi di antichità a Rio nell’Elba. In primo luogo gli ‘Statuta Rivi’ (ossia Statuti di Rio), risalenti al 1605, un insieme di codici che regolamentarono la vita sociale e amministrativa del paese a partire dal XVI secolo. In secondo luogo una pergamena del decimo secolo. Il ritrovamento di quest’ultimo ‘gioiello’ storico avvenne per caso. Fu merito di Peter Zahn, il ricercatore tedesco e docente dell’università di Berlino che ha un’abitazione a Rio nell’Elba e che ha pubblicato, insieme a Benito Elmini, un libro sulle “Iscrizioni lapidarie”, ricostruendone la storia del borgo medievale. «Mentre avevo tra le mani gli Statuti di Rio – ricostruisce il docente – mi accorsi che all’interno della rilegatura erano stati incollati come fogli di guardia due grandi pergamene di un manoscritto del tempo carolingio. Documenti scritti in una bella minuscola scrittura carolina di ottima qualità, con inchiostro nero e rosso splendente, in due colonne di 49 righe. Il foglio più grande era lateralmente incollato all’interno e cingeva i sei fascicoli degli statuti come fossero una copertina”. Ma non si capì subito l’importanza del ritrovamento. Ci vollero ancora parecchie settimane di studi per capire di che cosa si trattava e da dove provenisse. Dopo aver condotto studi approfonditi fu appurato che la pergamena risaliva al periodo compreso tra il 990 e l’anno Mille. Si trattava di una copia del “Commentario sui salmi” di Sant’Agostino, realizzata dai frati amanuensi del monastero di Bobbio (Piacenza) o di quello di Nonantola (Modena). «Agostino Aurelio – dice sempre il docente universitario tedesco – vescovo di Ippona in Africa dal 395, a partire dal 392, sempre a Ippona, iniziò il suo Commento ai Salmi, le ‘Enarrationes in Psalmos’. È una raccolta di discorsi da lui tenuti o pronunciati ai segretari su dettatura, discorsi al popolo di Ippona e Cartagine. Queste poesie religiose, scritte e compilate da diversi autori ebrei dopo il nono secolo avanti Cristo, furono cantate nel tempio dell’antico Israele». «Quest’opera ha avuto un enorme influsso nel pensiero cristiano in questi milleseicento anni fino ai giorni nostri. I più antichi codici risalgono al V e VI secolo. Il frammento riese rappresenta dunque un nuovo e prezioso anello nella catena dei primi cinquanta testimoni di quest’opera fondamentale di Sant’Agostino». Insomma esistono tutti i presupposti perché questi due interessanti documenti storici siano adeguatamente divulgati e messi nelle condizioni di venir consultati da tutti coloro che volessero prenderne visione.

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