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lunedì 16 marzo 2020

Lo Sgarallino in miniatura

Una scena, l'affondamento del piroscafo Sgarallino, cui ha assistito quando aveva poco più di 9 anni (oggi invece ne conta 86). E'0 la classica esperienza di un fatto di guerra seguita da un bambino. Mai dimenticata. Quasi surreale, se non fosse drammaticamente vera. Lo ha costruito prestando molta attenzione ai particolari. Perché il modellino si avvicinasse il più possibile alla realtà. È la riproduzione in scala del piroscafo 'Andrea Sgarallino', affondato da un sommergibile inglese la mattina del 22 settembre 1943. L'ha pazientemente e meticolosamente costruito Franco Bellosi (86 anni), appassionato di storia locale e membro storico appartenente alla Petite Armée elbana, sempre presente nelle rivisitazioni che vedono protagonista Napoleone Bonaparte all'Elba. Un lavoro certosino il suo, portato a termine con grande passione e determinazione, con l'aiuto del figlio Luca Bellosi, lo stesso che poi ha postato su Fb le foto che pubblichiamo. Infatti spiega il figlio nel post: «Andrea Sgarallino è il nome del piroscafo intitolato a un eroe livornese dei moti del 1848 che fu anche tra i garibaldini della spedizione dei Mille. È legato al più tragico episodio di siluramento di una nave passeggeri avvenuto nelle acque italiane il 22 Settembre del 1943 alle 9,49 davanti alla baia di Nisporto durante la seconda guerra mondiale. Il sommergibile era inglese"». Si tratta di quella che è stata definita la tragedia civile più grande della Marina italiana nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, con circa 300 vittime. «Avevo 9 anni - dice al Tirreno Franco Bellosi - quando avvenne il disastro. Fui il primo che mi resi conto quella mattina della gravità di quanto era accaduto, poco distante da Nisporto. All'epoca la mia famiglia abitava a forte Stella e dalla terrazza si vedeva il mare. La gente aveva pensato che si fosse trattato di un tuono». Difatti non fu una bella giornata quel 22 settembre; Bellosi ricorda che era scirocco. Nubi basse sull'orizzonte. Un'atmosfera cupa, triste. «Forse presagiva - ammette - quello che stava per accadere. Il mare poi non era affatto calmo». In più piovigginava. E tirava vento. «Fu per questo motivo che morirono in tanti, quasi tutti i passeggeri - continua - In quel momento si trovavano in coperta, quando saltò per aria il piroscafo». E poi, quasi sottovoce, aggiunge: «Per tutta la vita ho portato dentro quelle immagini. Non le ho più dimenticate. Sono sempre vive nella mente, nonostante sia passato tanto tempo». Ecco l'ingrediente che gli è servito per realizzare questo modellino. «Aspettiamo che sia passata questa pandemia - conclude - Poi ci attrezzeremo per mostrare l'opera pubblicamente». Per ora è visibile nel suo laboratorio, insieme all'altro modellino che realizzò anni fa, la corazzata "Roma"

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