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mercoledì 2 maggio 2012

Le lacrime di Allah


Narra un'antica leggenda mesopotamica che una volta Allah, gettato lo sguardo nel giardino dell'Eden, si accorse che l'uomo aveva dissipato le sue ricchezze. Dove aveva lasciato la libertà, scorgeva la schiavitù; dove aveva regalato l'amore, regnava l'odio: il fratello contro il fratello, i figli contro i genitori, i mariti conto le spose; dove aveva sparso la pace, si diffondevano invece le guerre e la morte. Capì allora che il suo avversario, il Dio delle Tenebre, aveva approfittato della sua assenza per annullare i doni che aveva concesso all'umanità, sostituendoli invece con i segni del Male. Il risultato fu che, mentre il Dio rifletteva sul daffarsi, due lacrime gli rigassero le guance e cadessero sulla Terra, divenendo due grossissimi diamanti, così preziosi che non esisteva Regno in tutta l'Asia che potesse contrastare una simile ricchezza. Il Magnifico vide quanto era successo e aggiunse: "Desidero offrire agli uomini quest'ultima opportunità: colui che troverà le gemme, sarà l'uomo più felice del mondo". Fortuna volle che le lacrime cadessero in mare e che fosse una sirena a notarle, mentre si adagiavano sul fondo. Viveva ora in uno sperduto paese della costa un povero pescatore che guadagnava solo quanto gli bastava per vivere. Fu la sirena un giorno a parlargli delle gemme d'Allah che il grande mare Oceano nascondeva nel suo grembo. Del loro incredibile valore. Del loro possesso che significava divenire Signore della Terra. Rispose il pescatore: "Che ne farei di un simile tesoro, se il tempo, il tempo stesso venisse a mancare alla mia vita? Tu poi vivi in un elemento diverso dal mio: il tuo mondo non è il mio. A me basta venire qui, sullo scoglio, tutte le sere a guardati e ad ascoltare il profondo respiro del mare, con la Luna che m'insegna a sognare, per sentirmi l'uomo più felice del mondo. Finché i miei occhi avranno luce...".

Come papaveri rossi nel prato


In una notte d'inverno un ricco mercante di tappeti di Baghdad si fermò alla taverna di Yusuf, nel Tagikistan per riposarsi fino all'alba. Mentre consumava la cena, elencava agli altri commensali le ricchezze di cui era in possesso; elogiava la fedeltà della moglie e l’attaccamento dei figli al padre, felicitandosi di aver dato loro una sana educazione islamica. Prese allora la parola un vecchio che iniziò a raccontare. Tre donne andarono al pozzo del villaggio ad attingere acqua. Una disse: "Mio figlio è così forte che nessuno ha coraggio di contraddirlo". "Il mio - rincalzò la seconda - canta così bene che sembra un usignolo". La terza donna taceva. Quando le brocche furono piene, le tre donne fecero ritorno alle loro case e tre giovani si mossero loro incontro. Uno faceva salti e piroette prendendo a calci i sassi della strada; il secondo cantava e fischiava come un passero. Il terzo infine andò dalla madre, le prese il secchio e lo portò a casa. "Dimmi, ricco mercante - interrogò il vecchio - quale dei tre è il figlio migliore"? "Naturalmente quello che aiutò la madre a portare a casa l'acqua". "Hai risposto bene al quesito. Nonostante che tu sia preso dietro ai guadagni e ai beni terreni, sai ancora distinguere dove sta la vera saggezza. Seguila e non ti far abbagliare dalla ricchezza dei tuoi commerci che poi seccano come le rose del deserto, come i papaveri quando inizia l'estate".[da "Il Capitano di Napoleone", di prossima pubblicazione]