Narra un'antica leggenda mesopotamica che una volta Allah,
gettato lo sguardo nel giardino dell'Eden, si accorse che l'uomo aveva
dissipato le sue ricchezze. Dove aveva lasciato la libertà, scorgeva la
schiavitù; dove aveva regalato l'amore, regnava l'odio: il fratello contro il
fratello, i figli contro i genitori, i mariti conto le spose; dove aveva sparso
la pace, si diffondevano invece le guerre e la morte. Capì allora che il suo
avversario, il Dio delle Tenebre, aveva approfittato della sua assenza per
annullare i doni che aveva concesso all'umanità, sostituendoli invece con i
segni del Male. Il risultato fu che, mentre il Dio rifletteva sul daffarsi, due
lacrime gli rigassero le guance e cadessero sulla Terra, divenendo due
grossissimi diamanti, così preziosi che non esisteva Regno in tutta l'Asia che
potesse contrastare una simile ricchezza. Il Magnifico vide quanto era successo
e aggiunse: "Desidero offrire agli uomini quest'ultima opportunità: colui
che troverà le gemme, sarà l'uomo più felice del mondo". Fortuna volle che
le lacrime cadessero in mare e che fosse una sirena a notarle, mentre si
adagiavano sul fondo. Viveva ora in uno sperduto paese della costa un povero
pescatore che guadagnava solo quanto gli bastava per vivere. Fu la sirena un
giorno a parlargli delle gemme d'Allah che il grande mare Oceano nascondeva nel
suo grembo. Del loro incredibile valore. Del loro possesso che significava
divenire Signore della Terra. Rispose il pescatore: "Che ne farei di un
simile tesoro, se il tempo, il tempo stesso venisse a mancare alla mia vita? Tu
poi vivi in un elemento diverso dal mio: il tuo mondo non è il mio. A me basta
venire qui, sullo scoglio, tutte le sere a guardati e ad ascoltare il profondo
respiro del mare, con la Luna che m'insegna a sognare, per sentirmi l'uomo più
felice del mondo. Finché i miei occhi avranno luce...".
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mercoledì 2 maggio 2012
Come papaveri rossi nel prato
In una notte d'inverno un ricco mercante di tappeti di
Baghdad si fermò alla taverna di Yusuf, nel Tagikistan per riposarsi fino
all'alba. Mentre consumava la cena, elencava agli altri commensali le ricchezze
di cui era in possesso; elogiava la fedeltà della moglie e l’attaccamento dei
figli al padre, felicitandosi di aver dato loro una sana educazione islamica.
Prese allora la parola un vecchio che iniziò a raccontare. Tre donne andarono
al pozzo del villaggio ad attingere acqua. Una disse: "Mio figlio è così
forte che nessuno ha coraggio di contraddirlo". "Il mio - rincalzò la
seconda - canta così bene che sembra un usignolo". La terza donna taceva.
Quando le brocche furono piene, le tre donne fecero ritorno alle loro case e
tre giovani si mossero loro incontro. Uno faceva salti e piroette prendendo a
calci i sassi della strada; il secondo cantava e fischiava come un passero. Il
terzo infine andò dalla madre, le prese il secchio e lo portò a casa.
"Dimmi, ricco mercante - interrogò il vecchio - quale dei tre è il figlio
migliore"? "Naturalmente quello che aiutò la madre a portare a casa
l'acqua". "Hai risposto bene al quesito. Nonostante che tu sia preso
dietro ai guadagni e ai beni terreni, sai ancora distinguere dove sta la vera
saggezza. Seguila e non ti far abbagliare dalla ricchezza dei tuoi commerci che
poi seccano come le rose del deserto, come i papaveri quando inizia
l'estate".[da "Il Capitano di Napoleone", di prossima
pubblicazione]
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