Cerca nel blog

lunedì 8 luglio 2013

Il messaggio di Papa Francesco da Lampedusa

La notizia del giorno con cui tutti i giornali e le reti televisive d’Europa hanno aperto è, senza dubbio, la visita di Papa Francesco a Lampedusa, l’isola ponte tra il nord Africa e la propaggine più a sud d’Europa, l’Italia, appunto. Ne hanno parlato tutti e per 24h almeno il problema degli esuli africani che lasciano le loro terre per sbarcare in Europa, in cerca di fortuna, è stato posto sul tavolo di lavoro delle diplomazie internazionali. Non si può non pensare a questo esodo epocale che in continuazione svuota l’Africa e riversa sulle coste del nord Europa migliaia e migliaia di individui, alcuni dei quali  destinati purtroppo a impieghi più umili nella gerarchia sociale del lavoro dei paesi industrializzati. Grazie, dunque a quest’uomo “vestito di bianco”, che si è potuto affrontare il problema e quanto meno porlo alle coscienze. E molto energiche ed efficaci sono le stesse parole del Santo Padre, quando ha invitato i cosiddetti europeisti più fortunati e satolli delle loro tavole a considerare che nel mondo c’è sempre qualcuno che fa la fame. L’indifferenza è il peccato maggiore che ci possa essere nella nostra società, quando, potendolo fare, non abbiamo fatto un po’ di bene al nostro fratello dal colore della pelle diversa dalla nostra. E’ questo ciò che ha voluto dire il Papa e il messaggio che ha lanciato da questa isola delle Pelagie. E sono contento di riprendere la notizia, perché è la sola che oggi abbia un suo certo contenuto e un messaggio, un indirizzo da seguire, uno sviluppo lasciato alle coscienze delle persone. E non è che non siano mancate, sempre in questo scorcio di tempo, le notizie che hanno fatto il giro del mondo: come l’esplosione di un treno merci carico di elementi altamente infiammabili e il rogo che conseguentemente è scoppiato all’interno della cittadina canadese. Oppure la guerra civile che si sta consumando in Egitto per il governo del Paese e le continue morti che lasciano un numero sempre più crescente di cadaveri sulle strade dell’una o dell’altra fazione avversa. Sono tutte notizie drammatiche. Tragiche per questo primo quindicennio del Terzo Millennio. Nel corso del quale l’uomo moderno sembra essersi impantanato nelle notizie catastrofiche. Anzi, i media lo nutrono, in una specie di catarsi, di tali notizie, pensando in cuor loro che la Parca della Morte esiste ma è fuori del proprio quotidiano. Le catastrofi avvengono lontano, se pure avvengono. E’ una specie di ipnosi per il cittadino comune: è come se lo si volesse abituare all’idea del dramma che esiste ma fuori della sua portata. Sono gli altri a morire, non lui. Vorrei chiudere questa mia considerazione con questo ultimo pensiero: oggi si è un po’ perso la misura o la cognizione del proprio essere e del motivo per cui noi siamo sulla Terra. Si vive alla giornata, pascendoci  di notizie truci e pensando in cuor nostro che la mala sorte è toccata agli altri e non a noi. Infimo ragionamento consolatorio che ha l’effetto di farci dimenticare i veri scopi, le vere mete dell’Essere Uomini responsabili e coscienti del Terzo Millennio della cristianità.