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lunedì 11 luglio 2016

Premio letterario Elba-Brignetti

Il premio letterario “Isola d'Elba, Raffaello Brignetti” apre all'Europa, ribadendo la sua naturale vocazione a contraddistinguersi, nel vasto panorama culturale italiano, per essere un premio internazionale. Sia pur silente, ma con una spiccata predisposizione nei confronti del vecchio continente. Lo fa con la 44° edizione. Essa difatti ha incoronato “L'Impostore” (edizione Guanda) dello scrittore spagnolo Javier Cercas (classe 1962), dopo la parentesi dell'anno scorso, che ha visto vincitore “Atti osceni in luogo privato” (Feltrinelli, 2015) di Marco Missiroli, mentre nel 2014 la piazza d'onore era toccata a “Ci rivediamo lassù” del francese Pierre Lemaitre. Insomma il Brignetti si riprende la patente internazionale, con un libro che fin dal suo primo apparire ha fatto discutere critici e lettori. Non è un romanzo eppure racconta o ricostruisce una vicenda. Non è un saggio, pur trattando eventi che rappresentano argomenti di storia contemporanea. Tanto meno un testo psicoanalitico sui tempi moderni, pur fregiandosi di pagine approfondite e ben scritte sul narcisismo del protagonista o sul kitsch dominante nella nostra società. Sebbene non si riconosce in nessuno di questi generi, il volume premiato è un po' di tutto questo. “Di ognuno di essi – ha detto Massimo Onofri, giurato letterario – ne conserva una parte. Che sia il volto nuovo che si è ritagliato addosso il romanzo moderno?”. Sta di fatto che “L'Impostore” ha raccolto i più numerosi consensi sia fra i giurati letterari, sia fra quelli popolari (45 persone scelte fra le diverse categorie di Elbani che ogni anno vengono sostituite). Ha avuto ragione su Rosa Matteucci (aveva partecipato al concorso elbano con il libro edito da Adelphi "Costellazione familiare") e su Diego De Silva ("Terapia di coppia per amanti", Einaudi).E come ha ribadito lo stesso scrittore spagnolo nel corso della cerimonia di premiazione, svoltasi sabato 9 luglio nel chiostro della De Laugier: “L'Italia mi ama e mi porta fortuna, dato che con questo sono quattro i premi che mi sono stati assegnati”. E ha ragione, dato che ha ottenuto riconoscimenti nel 2011 con il Premio Salone Internazionale del Libro di Torino, a seguire con il premio FriulAdria “La storia di un romanzo” con i “Soldati di Salamina”, e infine con il premio Ceppo Internazionale Straordinario per la Narrativa non fiction conseguitogli, nel marzo di quest'anno, a Pistoia sempre con “L’Impostore”. Insomma piace la storia di Enric Marco, un catalano che per 30 anni si spaccia per quello che non è. Cioè un sopravvissuto al lager di Flossenburg, un testimone che si batte per tener viva la memoria dell'olocausto, sino a diventare presidente dell'associazione deportati. Terrà conferenze in tutta la Spagna. Parlerà nelle scuole. L'intero Paese, commosso, lo onora con ogni genere di riconoscimenti. Fino a quando, nel 2005, uno storico lo smaschera nell'imbarazzo generale. Si legge nelle motivazioni al premio stilate dalla giuria letteraria: “Cercas crede di trovare in Marco una sorta di specchio. Anche lo scrittore spaccia favole e menzogne, pia pure per arrivare alla verità e con il tacito permesso che il lettore gli accorda. Non c'è uomo che si accontenti della propria identità, non cerchi di offrirne una migliore. Simulazione e impostura sembrano inscritti nel Dna degli uomini. Esuberante, travolgente Marco è il funambolo della bugia, il Maradona della menzogna, una rock star della memoria. Racconta quello che il pubblico sentirsi raccontare. Sempre disponibile, non ha la fragilità del sopravvissuto. Dunque è un personaggio prepotentemente romanzesco, ma Cercas nella sua appassionante indagine va ben al di là delle ragioni che possono spiegare le sue simulazioni: non vuole né condannare, né assolvere. Vuole capire”. Certo i dubbi, veri o presunti, di Cercas, riguardano il suo mestiere. Nel raccontare la storia vera di un uomo che mentiva, lo scrittore spagnolo si trova ad affrontare due questioni: come narratore è immerso nella finzione, come uomo può identificarsi nel narcisismo di Marco. Ci fa capire che per essere uno scrittore occorre un ego gigantesco, bisogna essere dei narcisi. Vale per tutti? Difficile dirlo. In effetti di scrittori privi di narcisismo ne esistono, anche se sono pochissimi. E tre sono poi i temi di fondo del libro. Il primo «Il passato è soltanto una dimensione del presente», per cui sia L’Impostore sia il romanziere lavorano sul passato in virtù del presente. L’altro è «La maggioranza». Per Cercas Marco è sempre dalla parte della maggioranza: dice le menzogne che gli altri vogliono sentire, sta con l’opinione dominante. Il terzo è la parola «Kitsch». Per Cercas il Kitsch è «una menzogna narcisistica che nasconde la verità dell’orrore e della morte». E finendo con le parole della stessa giuria letteraria, “Questo intelligente romanzo è un nuovo capitolo della ricerca dello scrittore sui misteri della natura umana, che parla esattamente di noi”. Ma passiamo alla cronaca della serata. La quale è stata egregiamente presentata da Lisa Marzoli, giornalista del Tg2, da Francesco Guidara, giornalista elbano e dall'ospite d'onore Valeria Altobelli, davanti a un fitto uditorio elbano. Il presidente della giuria letteraria Alberto Brandani, prima di proclamare il nome del vincitore e leggere le motivazioni del premio ha ricordato di essere alla conduzione del Brignetti dal 1985 e ha rivolto un pensiero a Giancarlo Castelvecchi in quanto fu la persona che lo presentò a Geno Pampaloni, che all'epoca era alla giuda del premio Elba. Giorgio Barsotti ha consegnato una targa per la sua produzione letteraria al medico condotto elbano (ora in pensione) Luciano Gelli, che ha già dato alle stampe ben sei titoli di romanzi. Quindi ha offerto a Javier Cercas assegno e una targa dell'Elba. L'amministrazione comunale era rappresentata dal vicesindaco, nonché assessore alla Cultura, Roberto Marini. «È con grande piacere - ha detto fra l'altro l'assessore del Comune - che assistiamo a momenti come questi. Ci fa onore vedere il Comune al fianco degli organizzatori della manifestazione che ha radici solide e che rappresenta la cultura dell'Elba da 44 anni. E' questa immagine che l'Isola vuole comunicare all'esterno. L'Elba non è solo bellezze naturali e posti incontaminati, ma sa trasmettere cultura ai massimi livelli». Una particolare menzione, infine, la merita anche il Comitato Promotore per il lavoro, spesso in ombra e dietro le quinte, che riesce a portare a termine al fine di una buona riuscita dell'evento culturale più importante dell'anno all'Elba, senza avere gli onori della cronaca e le luci della ribalta.