Il
premio letterario “Isola d'Elba, Raffaello Brignetti” apre
all'Europa, ribadendo la sua naturale vocazione a
contraddistinguersi, nel vasto panorama culturale italiano, per
essere un premio internazionale. Sia pur silente, ma con una spiccata
predisposizione nei confronti del vecchio continente. Lo fa con la
44° edizione. Essa difatti ha incoronato “L'Impostore” (edizione
Guanda) dello scrittore spagnolo Javier Cercas (classe 1962), dopo la
parentesi dell'anno scorso, che ha visto vincitore “Atti osceni in
luogo privato” (Feltrinelli, 2015) di Marco Missiroli, mentre nel
2014 la piazza d'onore era toccata a “Ci rivediamo lassù” del
francese Pierre Lemaitre. Insomma il Brignetti si riprende la patente
internazionale, con un libro che fin dal suo primo apparire ha fatto
discutere critici e lettori. Non è un romanzo eppure racconta o
ricostruisce una vicenda. Non è un saggio, pur trattando eventi che
rappresentano argomenti di storia contemporanea. Tanto meno un testo
psicoanalitico sui tempi moderni, pur fregiandosi di pagine
approfondite e ben scritte sul narcisismo del protagonista o sul
kitsch dominante nella nostra società. Sebbene non si riconosce in
nessuno di questi generi, il volume premiato è un po' di tutto
questo. “Di ognuno di essi – ha detto Massimo Onofri, giurato
letterario – ne conserva una parte. Che sia il volto nuovo che si è
ritagliato addosso il romanzo moderno?”. Sta di fatto che
“L'Impostore” ha raccolto i più numerosi consensi sia fra i
giurati letterari, sia fra quelli popolari (45 persone scelte fra le
diverse categorie di Elbani che ogni anno vengono sostituite). Ha
avuto ragione su Rosa Matteucci (aveva partecipato al concorso elbano
con il libro edito da Adelphi "Costellazione familiare") e
su Diego De Silva ("Terapia di coppia per amanti",
Einaudi).E come ha ribadito lo stesso scrittore spagnolo nel corso
della cerimonia di premiazione, svoltasi sabato 9 luglio nel chiostro
della De Laugier: “L'Italia mi ama e mi porta fortuna, dato che con
questo sono quattro i premi che mi sono stati assegnati”. E ha
ragione, dato che ha ottenuto riconoscimenti nel 2011 con il Premio
Salone Internazionale del Libro di Torino, a seguire con il premio
FriulAdria “La storia di un romanzo” con i “Soldati di
Salamina”, e infine con il premio Ceppo Internazionale
Straordinario per la Narrativa non fiction conseguitogli, nel marzo
di quest'anno, a Pistoia sempre con “L’Impostore”. Insomma
piace la storia di Enric Marco, un catalano che per 30 anni si
spaccia per quello che non è. Cioè un sopravvissuto al lager di
Flossenburg, un testimone che si batte per tener viva la memoria
dell'olocausto, sino a diventare presidente dell'associazione
deportati. Terrà conferenze in tutta la Spagna. Parlerà nelle
scuole. L'intero Paese, commosso, lo onora con ogni genere di
riconoscimenti. Fino a quando, nel 2005, uno storico lo smaschera
nell'imbarazzo generale. Si legge nelle motivazioni al premio stilate
dalla giuria letteraria: “Cercas crede di trovare in Marco una
sorta di specchio. Anche lo scrittore spaccia favole e menzogne, pia
pure per arrivare alla verità e con il tacito permesso che il
lettore gli accorda. Non c'è uomo che si accontenti della propria
identità, non cerchi di offrirne una migliore. Simulazione e
impostura sembrano inscritti nel Dna degli uomini. Esuberante,
travolgente Marco è il funambolo della bugia, il Maradona della
menzogna, una rock star della memoria. Racconta quello che il
pubblico sentirsi raccontare. Sempre disponibile, non ha la fragilità
del sopravvissuto. Dunque è un personaggio prepotentemente
romanzesco, ma Cercas nella sua appassionante indagine va ben al di
là delle ragioni che possono spiegare le sue simulazioni: non vuole
né condannare, né assolvere. Vuole capire”. Certo i dubbi, veri o
presunti, di Cercas, riguardano il suo mestiere. Nel raccontare la
storia vera di un uomo che mentiva, lo scrittore spagnolo si trova ad
affrontare due questioni: come narratore è immerso nella finzione,
come uomo può identificarsi nel narcisismo di Marco. Ci fa capire
che per essere uno scrittore occorre un ego gigantesco, bisogna
essere dei narcisi. Vale per tutti? Difficile dirlo. In effetti di
scrittori privi di narcisismo ne esistono, anche se sono pochissimi.
E tre sono poi i temi di fondo del libro. Il primo «Il passato è
soltanto una dimensione del presente», per cui sia L’Impostore sia
il romanziere lavorano sul passato in virtù del presente. L’altro
è «La maggioranza». Per Cercas Marco è sempre dalla parte della
maggioranza: dice le menzogne che gli altri vogliono sentire, sta con
l’opinione dominante. Il terzo è la parola «Kitsch». Per Cercas
il Kitsch è «una menzogna narcisistica che nasconde la verità
dell’orrore e della morte». E finendo con le parole della stessa
giuria letteraria, “Questo intelligente romanzo è un nuovo
capitolo della ricerca dello scrittore sui misteri della natura
umana, che parla esattamente di noi”. Ma passiamo alla cronaca
della serata. La quale è stata egregiamente presentata da Lisa
Marzoli, giornalista del Tg2, da Francesco Guidara, giornalista
elbano e dall'ospite d'onore Valeria Altobelli, davanti a un fitto
uditorio elbano. Il presidente della giuria letteraria Alberto
Brandani, prima di proclamare il nome del vincitore e leggere le
motivazioni del premio ha ricordato di essere alla conduzione del
Brignetti dal 1985 e ha rivolto un pensiero a Giancarlo Castelvecchi
in quanto fu la persona che lo presentò a Geno Pampaloni, che
all'epoca era alla giuda del premio Elba. Giorgio Barsotti ha
consegnato una targa per la sua produzione letteraria al medico
condotto elbano (ora in pensione) Luciano Gelli, che ha già dato
alle stampe ben sei titoli di romanzi. Quindi ha offerto a Javier
Cercas assegno e una targa dell'Elba.
L'amministrazione
comunale era rappresentata dal vicesindaco, nonché assessore alla
Cultura, Roberto Marini. «È
con grande piacere - ha detto fra l'altro l'assessore del Comune -
che assistiamo a momenti come questi. Ci fa onore vedere il Comune al
fianco degli organizzatori della manifestazione che ha radici solide
e che rappresenta la cultura dell'Elba da 44 anni. E' questa immagine
che l'Isola vuole comunicare all'esterno. L'Elba non è solo bellezze
naturali e posti incontaminati, ma sa trasmettere cultura ai massimi
livelli».
Una particolare menzione, infine, la merita anche il Comitato
Promotore per il lavoro, spesso in ombra e dietro le quinte, che
riesce a portare a termine al fine di una buona riuscita dell'evento
culturale più importante dell'anno all'Elba, senza avere gli onori
della cronaca e le luci della ribalta.