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sabato 24 ottobre 2020

La danza di due balene in Darsena medicea


Due balenottere, una grande, l’altra più piccola (presumibilmente si tratta di madre e figlia) sono state la due principali attrazioni della mattinata e di gran parte del pomeriggio di ieri. Dal molo Elba e dalla punta del Gallo sono state le più fotografate e filmate con cellulari. Le immagini poi condivise sui principali social. Uno spettacolo davvero eccezionale. Ma neppure unico. Non è infatti la prima volta che dei mammiferi di tali dimensioni facciano una capatina nello specchio acqueo della darsena e del porto. Già accaduto negli anni precedenti che i cetacei, inseguendo le scie delle navi dsiano poi finite in darsena. La presenza di questi due grossi mammiferi è stata segnalata alla Capitaneria di porto che ha provveduto a informate i capitani delle navi in transito della presenza delle balenottere. Solo un gomone ieri mattina della Cosimo de’ Medici cercava di indicare e spingere al largo le due frastornate ospiti. Gli uomini invece della Capitaneria, sul molo Elba, seguivano da vicino le frequenti immersioni A un certo punto è rimasta solo una balenottera, quella un po’ più grande. Si pensa che l’altra sia stata capace a guadagnare l’uscita della darsena. C’è un pescatore dilettante, Valter Puddu, che dice di averle notate qualche ora prima che finissero nel golfo di Portoferraio. “Ero a totanare all’Enfola – scrive sui social – quando ho scorto a pochi metri dalla barca due balenottere. Sono arrivate sotto la Padulella e sono tornate indietro verso l’Enfola a pochi metri dalla riva. Poi sono sparite verso la nave che entrava in porto”. Per il presidente del parco Sammuri non sono state raccolte informazioni sufficienti per capire se i due esemplari erano o no in difficoltà. Con il sopraggiungere dell’oscurità di loro si sono perse le tracce.

domenica 18 ottobre 2020

Chiusa la campagna di scavi alla Villa romana delle Grotte


 Un complesso termale di prim'ordine, perfettamente in linea con l'architettura e la tecnica vesuviana è ciò che è stato in parte rinvenuto nella campagna di scavi di quest'anno alla Villa Romana delle Grotte, volutamente contratta e concentrata su pochi e singoli obiettivi, contrassegnata come è stato dalle reazioni al Covid-19. In parte, perché rimangono altre ricerche da condurre. Altre e più circostanziate indagini sul lato della piana di San Giovanni e dell'intero complesso abitativo. Ciò che è stato presentato ieri mattina, al termine degli scavi, da Franco Cambi, docente all'Università di Siena e da Edoardo Vanni, assegnatario di ricerca dell'Università di Siena, testimonia in primo luogo l'alto grado della classe senatoriale, proprietaria dell'immobile, che ha voluto erigere il complesso, lo scambio di rapporti e relazioni con altri sistemi similari a questo in Campania e i traffici commerciali con le colonie romane dell'Adriatico. «Lo testimoniano alcuni frammenti di cocci di anfora del I sec. a,C. - ha detto Edoardo Vanni - provenienti da Adria e rinvenuti fra gli interstizi dei solai da cui passava aria calda». Non c'è alcun dubbio che l'apogeo della Villa delle Grotte è avvenuto nei secoli a cavallo fra il primo a.C e primo d.C. Dopo questo periodo ci sono tracce di presenze su cui gli studiosi si sono riservati di effettuare ulteriori approfondimenti. Non è esclusa la presenza, nell'alto Medioevo, di anacoreti che hanno scelto questo colle in cui ritirarsi in contemplazione, visto che sono state trovate alcune tombe di questo periodo. Allora si dovrà rivedere e aggiornare, in base alle recenti scoperte, la scrittura della storia locale di questo sito archeologico. Ma veniamo alla cronaca della conferenza di ieri. La campagna 2020 ha avuto luogo grazie al Dipartimento di scienze storiche e dei beni culturali di Siena, in collaborazione con la Fondazione Villa Romana, il parco nazionale, l'assessorato del Comune di Portoferraio, il Dipartimento di Architettura (Dida) dell'Università degli Studi di Firenze che ha eseguito rilievi con il laser scanner per effettuare una ricostruzione virtuale della Villa come doveva apparire all'epoca del suo maggior splendore. Stesse procedure che sono state effettuate anche alla villa romana della Linguella dal medesimo gruppo di studenti. La campagna 2020 sarà ricordata per i tesori custoditi all'interno termale. «Si ha sempre più ragione di ritenere - ha detto il direttore degli scavi, Franco Cambi - che l'aspetto più caratteristico e importante di questo complesso sia stata la presenza di acqua. L'acqua veniva captata dalla sorgente di monte Orello e poi con un sistema di acquedotti, era convogliata in questa zona sfruttando una serie di cisterne che sono state rinvenute. Tutte erano rivestite con malta per renderle impermeabili».Ma è stato Edoardo Vanni a illustrare le caratteristiche termali della villa. «All'interno - ha detto - abbiamo trovato una successione di stanze, con la stessa prerogative e tecnica usata nelle principali città metropolitane dell'Impero». Quindi un 'frigidario', con acqua a temperatura bassa, poi un 'calidario', rivolto a mezzogiorno, con bacini di acqua calda. Infine a temperatura moderata, il 'tepidario', stanza adiacente al calidario. «Ma ciò che ci ha colpito - ha concluso - sono gli ambienti mosaicati». Alla conferenza sono intervenuti l'assessore alla cultura Nadia Mazzei, il consigliere delegato Marino Garfagnoli, Angelo Banfi in rappresentanza del Parco e la padrona di casa Cecilia Pacini, presidente della Fondazione. -