Ci sono
voluti più di quindici anni, per avere una nuova Casa del Parco nell’ex
Isola del Diavolo. Forse non tutti i miei lettori ricorderanno che così
battezzata era l’ “isola piatta” dei Romani. I quali le affibbiarono il nome di
Planasia, alludendo appunto alla sua configurazione morfologica. E tale è
rimasta per secoli. E non solo. Legata a lei è anche il destino che, sempre nel
tardo periodo imperiale romano, le fu attribuito dopo che venne relegato in una
“prigione d’oro” il nipote di Augusto, Marco Vipsanio Agrippa Postumo, morto
giovanissimo in circostanze poco chiare, perché non coltivasse ambizioni di
successione sull’impero più grande del Mediterraneo. Perla del Tirreno,
dunque. Ma anche luogo di reclusione, che ha mantenuto fino a quando le quattro
sue principali sessioni che componevano la colonia agricola carceraria (e una
di esse di massima sicurezza) non vennero definitivamente chiuse nel 1998 e mai
più riaperte, eccetto qualche sparuto allarme che poi cadeva nel nulla di
fatto. Dopo 140 anni di carcere duro per taluni, meno per altri che si
dedicavano alla pastorizia e alla coltivazione dei campi, Pianosa diventava
così “un’isola civile”, nel senso che era restituita alla comunità isolana
prima e continentale poi. Tutti salutammo l’evento con grande partecipazione,
perché finalmente cadevano i visti, i controlli sugli imbarcaderi di Piombino e
poi, raggiunta l’Isola, sul pontile del Teglia, insomma niente di tutto questo
e, per un attimo credemmo che quanto aveva sperato e annunciato anni prima Gin
Racheli, naturalistica, storica e costante ambientalista, nei suoi celebri
libri aveva annunciato, sperando che dall’isola fosse tolta definitivamente
quella cappa di piombo che faceva in grigiore qualsiasi contorno e qualsiasi
altra bellezza naturale.
Evidentemente
ci sbagliavamo. Perché quello che avevamo da tempo desiderato, il rilancio
culturale dell’Isola, la sua scoperta e valorizzazione delle sue eccellenze che
la pungono al centro del Mediterraneo (pensate, amici lettori che effetto
strano un’isola completamente piatta! È come se il fondale marine, per sue
interne ragioni che adesso non starò qui a spiegare sia stato “spinto” da forze
interne titaniche e sia stato fatto affiorare sopra il livello del mare fino a
venti metri e passa). Un laboratorio vivo, per studiare i moti del nostro
pianeta, senza pensare poi alla storia dell’uomo, i suoi primi abitatori quando
la piattaforma era collegata con il continente e il mare molto più basso
dell’attuale livello; quindi la storia antica che accennavo sopra, con il
destino dei Romani così bravi nel fiutare l’aria e capire il futuro delle cose,
poi i cristiani mandati a scavare nelle miniere di tufo e così via nel corso
del tempo. Una grande occasione per ritenere libera Pianosa. Invece non è stato
così. Il Parco nazionale se l’è inglobata completamente, il che non è un male,
se di conseguenza non si fosse pensato a un suo riutilizzo, come impiegarla,
come valorizzarla. Ed è proprio su questo tema che si apre un nuovo capitolo,
perché è sì il parco responsabile della sua gestione, ma c’è anche il comune di
Campo che ne rivendica la sovranità almeno in quelle aree che non rientravano
nel perimetro della colonia agricola. Un ping pong di competenze, di
responsabilità che è durato anni. Non è che non ci siano stati piani e progetti
di rilancio di quest’isola e della sua economia. Ne ho letti parecchi e tutti
di pregevole fattura; ma quanti ne ho visti realizzati? Forse più spreco, che
realizzazioni, come la bellissima caserma dei carabinieri (ma non poteva essere
usata in altra maniera quella struttura?). Adesso arriva la nuova Casa del
Parco: che si finalmente arrivata una nuova stagione?