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venerdì 20 marzo 2020
Rifacimento delle facciate della reggia di Napoleone Bonaparte
Si lavora alla reggia imperiale dei Mulini. È il lotto dei lavori che prevedono la sistemazione e la ristrutturazione delle facciate della residenza imperiale napoloenica. Compreso le grondaie e anche parte della copertura. In specie quella che è stata danneggiata nel corso dei recenti fortunali. «Si tratta di un'iniziativa - ci ha detto l'assessore alla Cultura di Portoferraio, Nadia Mazzei - adottata e presa in toto dal polo museale della Toscana. Noi non siamo stati messi al corrente di quanto era in programma realizzare». Così, approfittando della chiusura forzata del museo (come del resto tutti gli altri musei dell'Elba e della Toscana) a causa del coronavirus, il polo museale toscano ha affidato l'intervento di ripristino a una ditta specializzata nel recupero di luoghi d'interesse artistico e storico, come lo è appunto la villa de' Mulini. «Abbiamo chiesto più volte di intervenire - ha spiegato una custode addetta alla sorveglianza del museo - dopo le nostre segnalazioni. Le grondaie erano pericolanti, ridotte in quella maniera a causa dell'accanimento del vento che da queste parti soffia con una certa insistenza. Erano anche arrivati da Firenze per effettuare un sopralluogo e per rendersi conto dell'entità dell'opera». Un sospiro di sollievo che dimostra l'interesse del Polo museale toscano per la conservazione e il buono stato della reggia. La quale, insieme con la 'domus rustica' di San Martino, è fra i siti più visitati dal pubblico non solo della Provincia, ma dell'intera regione. E bisognava che l'intervento fosse realizzato a opera d'arte, dal momento che la facciata, quella che l'ospite vede per primo raggiungendo la residenza, presenta due elementi certo assenti al tempo di Napoleone, ma tuttavia interessanti, come la lapide del 1921, che ricorda la presenza del generale corso e l'orologio solare del 1825. Fu realizzato dal cavalier Mellini per il governatore di Portoferraio, Giuseppe Falchi, che proprio in queste stanze abitava. L'ultimo sostanziale intervento si realizzò a fine luglio 2013 (direttrice allora Roberta Martinelli), in previsione del bicentenario della venuta all'Elba di Napoleone (2014). Fu in quel periodo che furono ripristinate le originali aperture delle porte, le finestre è anche l'intonaco delle stanze interne. Infatti è oggi noto che il colore dominante de' Mulini era il verde. Tale era la maggior parte di panneggi, tende, decorazioni e anche le livree dei valletti. Non si sa se i lavori si estenderanno anche alla corte interna e al giardino, dato che la reggia è chiusa al pubblico.
lunedì 16 marzo 2020
Lo Sgarallino in miniatura
Una scena, l'affondamento del piroscafo Sgarallino, cui ha assistito quando aveva poco più di 9 anni (oggi invece ne conta 86). E'0 la classica esperienza di un fatto di guerra seguita da un bambino. Mai dimenticata. Quasi surreale, se non fosse drammaticamente vera. Lo ha costruito prestando molta attenzione ai particolari. Perché il modellino si avvicinasse il più possibile alla realtà. È la riproduzione in scala del piroscafo 'Andrea Sgarallino', affondato da un sommergibile inglese la mattina del 22 settembre 1943. L'ha pazientemente e meticolosamente costruito Franco Bellosi (86 anni), appassionato di storia locale e membro storico appartenente alla Petite Armée elbana, sempre presente nelle rivisitazioni che vedono protagonista Napoleone Bonaparte all'Elba. Un lavoro certosino il suo, portato a termine con grande passione e determinazione, con l'aiuto del figlio Luca Bellosi, lo stesso che poi ha postato su Fb le foto che pubblichiamo. Infatti spiega il figlio nel post: «Andrea Sgarallino è il nome del piroscafo intitolato a un eroe livornese dei moti del 1848 che fu anche tra i garibaldini della spedizione dei Mille. È legato al più tragico episodio di siluramento di una nave passeggeri avvenuto nelle acque italiane il 22 Settembre del 1943 alle 9,49 davanti alla baia di Nisporto durante la seconda guerra mondiale. Il sommergibile era inglese"». Si tratta di quella che è stata definita la tragedia civile più grande della Marina italiana nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, con circa 300 vittime. «Avevo 9 anni - dice al Tirreno Franco Bellosi - quando avvenne il disastro. Fui il primo che mi resi conto quella mattina della gravità di quanto era accaduto, poco distante da Nisporto. All'epoca la mia famiglia abitava a forte Stella e dalla terrazza si vedeva il mare. La gente aveva pensato che si fosse trattato di un tuono». Difatti non fu una bella giornata quel 22 settembre; Bellosi ricorda che era scirocco. Nubi basse sull'orizzonte. Un'atmosfera cupa, triste. «Forse presagiva - ammette - quello che stava per accadere. Il mare poi non era affatto calmo». In più piovigginava. E tirava vento. «Fu per questo motivo che morirono in tanti, quasi tutti i passeggeri - continua - In quel momento si trovavano in coperta, quando saltò per aria il piroscafo». E poi, quasi sottovoce, aggiunge: «Per tutta la vita ho portato dentro quelle immagini. Non le ho più dimenticate. Sono sempre vive nella mente, nonostante sia passato tanto tempo». Ecco l'ingrediente che gli è servito per realizzare questo modellino. «Aspettiamo che sia passata questa pandemia - conclude - Poi ci attrezzeremo per mostrare l'opera pubblicamente». Per ora è visibile nel suo laboratorio, insieme all'altro modellino che realizzò anni fa, la corazzata "Roma"
domenica 12 gennaio 2020
Bilancio di un anno che si chiude
L’anno che sta
volgendo al termine è stato caratterizzato dalle più molteplici e variegate iniziative;
manifestazioni di portata regionale, se non nazionale. Le più rilevanti meritano
una menzione nel bilancio (non certo esaustivo) di quanto accaduto in questo
lasso di tempo sul nostro “scoglio”. Esse, da qualsiasi punto si guardi, hanno contraddistinto
il 2019. Dallo sport, al tempo libero, dalle iniziative culturali dal più ampio
spettro, a quelle di puro svago, alle sagre paesane, alle passeggiate
all'interno del parco promosse dall’ente, per finire con le eccellenze
eno-gastronomiche. Passiamole in rassegna, allora, quelle più rilevanti, che
sono state spalmate nel corso della primavera, dell’estate e dell’autunno 2019.
Su tutte però si distingue lei, l’Elba, che le ha ospitate, caratterizzate e
che è riuscita a dare a esse una connotazione del tutto particolare, appunto
elbana, come marchio di fabbrica. L’Isola si è presentata come un eccellente
laboratorio a cielo aperto, perfetto contenitore in grado di attirare e
attrarre sportivi, studiosi o semplici turisti per ogni singola proposta. E
questo è già di per sé importante, considerando quanto sia determinante il
terziario per l’economia elbana e valutando l’andamento del turismo nella
stagione appena conclusa in tutto il nostro Paese (in talune famose località
della Penisola che si sono avvalse più dell’Elba del contributo dei mezzi di
comunicazione di massa nazionali e no, si è parlato di un calo di presenze
anche oltre il 5 per cento). Nonostante la diminuzione di vacanzieri anche da
noi (2% in meno, secondo i dati pubblicati dall’associazione degli
albergatori), l’Elba ha tenuto rispetto alle altre stazioni turistiche. Segno
che il richiamo ha funzionato. Che l’isola è sempre appetibile per gli Italiani
e per il resto dei residenti d’Europa.
Dell’aspetto politico,
caratterizzato con il primo gennaio 2019 dalla riunificazione di due comuni
storici (Rio nell’Elba e Rio Marina) in un’unica municipalità soprannominata il
Comune di Rio, abbiamo parlato nel precedente numero dello “Scoglio”. Così come
del rinnovo delle amministrazioni comunali, anch’esso analizzato nell’ultima
pubblicazione della rivista. Resta da rimarcare la peculiarità stessa della
maggiore isola della Toscana, che ancora una volta ha dato la possibilità di
offrire la ‘location’ ideale e accogliere così diversi e disparati avvenimenti.
Che sono, ripetiamolo, nell’ambito dello sport, dell’ambiente e della cultura.
Come, per esempio, non citare l’Iron Tour Cross, unico triathlon off road a
tappe d’Italia, che quest’anno è giunto alla quinta edizione e ha visto
convergere su Capoliveri migliaia di sportivi? Senza dubbio ha rappresentato
una ghiotta occasione vacanziera da trascorrere sull’Isola d’Elba per atleti,
tecnici, accompagnatori e familiari alla fine del mese di aprile. Per non
parlare del Rallye storico Trofeo Locman che ha spento quest’anno la
trentunesima candelina e che ha salutato più di cento equipaggi impegnati nelle
varie categorie a dare il meglio di sé per mettere le mani sull’ambito premio
finale. Ma ci sono, comunque, tre eventi che hanno contrassegnato l’anno che si
chiude: le celebrazioni per il cinquecentenario della nascita del granduca di
Toscana, Cosimo I de’ Medici, il fondatore della città di Portoferraio avviate
con la precedente amministrazione e conclusasi con l’attuale, la Bit per la
prima volta all’Elba e la ripresa degli scavi archeologici alla Villa romana
delle Grotte, di cui parliamo in altra parte della rivista.
La Borsa
internazionale del turismo sportivo e benessere termale ha lasciato Montecatini
per approdare a Portoferraio. Per la Bit ecco pronta una nuova formula e nuova
sede, proprio all’Isola d’Elba, considerata il paradiso dell’outdoor. Infatti
l’Elba è la prima tra le mete di vacanza in Italia. A dirlo non siamo noi (che
potremo essere parti interessate), ma il Summer Vacation Destinations Report
2019, che indica le migliori destinazioni estive sulla base del maggior
interesse dimostrato per l’estate dai viaggiatori italiani con ricerche e
prenotazioni sul portale internazionale TripAdvisor. Dunque, un ottimo
risultato. A cornice di questo quadro si piazzano senza dubbio la cura e il
rispetto dell’ambiente. L’Elba ha imboccato la strada di voler essere sempre
più ‘plastic free’, considerando che dal mare e dal turismo l’Isola trae da
sempre cultura, tradizioni e perché no? Ricchezza. L’aspetto più rilevante è la
risposta che i giovani studenti elbani hanno dato a questo problema, fondando un
Forum e impegnandosi nel dare risposte positive a quest’invasione della
plastica nel nostro mare e in natura, nei punti più panoramici dell’isola e
lungo i percorsi di trekking organizzati dal parco nazionale. I giovani
studenti non potevano rimanere indifferenti di fronte a un pericolo così
incombente dovuto al degrado ambientale. Ed è proprio dalla regina
dell’arcipelago toscano che trae vigore la battaglia. Il tutto avviene nel
periodo in cui sono cominciate ad affiorare in superficie le prime ecoballe di
plastica (si dice che siano finiti sul fondale nei pressi di Cerboli ben 56
pacchi di rifiuti caduti da una nave da carico). Così anche l’Elba risulta
essere tra i territori italiani a intraprendere la battaglia contro la
plastica, con gli studenti in prima fila.
Infine la cultura.
L’abbiamo lasciata per ultimo, perché è un po’ come il dessert al termine di un
lauto pasto. Molteplici gli ‘happening’ che sono stati realizzati fra
presentazioni di libri, incontri con gli autori (anche di fama) nelle
biblioteche pubbliche o nelle librerie dislocate nei vari paesi isolani o
semplicemente nelle piazze, conferenze nei siti storici e nei luoghi d’arte. Il
motore immobile del meccanismo il premio letterario internazionale Raffaello
Brignetti che da due anni a questa parte ha una nuova location, l’hotel Airone.
Una citazione speciale, in questo contesto, la meritano Marciana Marina che ha
regalato serate dedicate alla poesia, cominciando con il poeta giramondo
Manrico Murzi e Marciana che ha ideato “Borgo d’arte, Festival d’arte
contemporanea”. Che altro non è che un progetto d’arte contemporanea “nato per
valorizzare – dicono gli organizzatori - comunicare e promuovere il patrimonio
culturale e naturalistico dell’antico borgo medievale di Marciana”. Per
raggiungere questo obiettivo sono stati recuperati di vecchi fondi e magazzini
in disuso al fine di trasformali in spazi espositivi. E’ un programma
finalizzato a incentivare lo scambio culturale e la tutela del territorio, a
supportare la crescita professionale di artisti elbani e no. E fatto nuovo, il
festival ha promosso e supportato ogni forma di arte contemporanea.
Da questo quadro, sia pure incompleto e sommario di ciò che
è successo all’Elba quest’anno, si evince un dato che viene riconosciuto a ogni
stagione turistica, ma che ancora una volta non ha trovato un’adeguata
soluzione: la mancanza di una regia sovra comunale che coordini fra loro i vari
eventi. Potrebbe farla la Gat, se non fosse impegnata nel discutere il contributo
di sbarco. Un argomento che sarà lasciato in eredità al 2020 che già bussa alle
porte, insieme al futuro dell’aeroporto elbano.
A tu per tu con 30 mufloni sul Capanne
MARCIANA. Di primo acchito, osservando questo incredibile scatto fotografico di Alessio Gambini, si ha la sensazione di trovarsi davanti a un documentario di "National Geographic". Invece no. Siamo sui contrafforti del monte Capanne, sul versante occidentale dell'Elba, appena spuntato ieri mattina il sole. E l'istantanea sui social in un attimo è diventata virale. «Mi sono trovato all'improvviso - ricostruisce Alessio Gambini risponendo al Tirreno dalle pendici del monte Capanne - di fronte a un branco di una trentina di mufloni. Quasi a tu per tu ed è stato magnifico. Ero a poca distanza dal gruppo e gli animali per nulla impauriti dalla mia presenza hanno continuato a brucare l'erba. La sensazione che ho provato? Un senso di pienezza. Di perfetta simbiosi con la natura e con gli animali che vivono la montagna. Certo - continua Alessio, il "camminatore montanaro" mezzo elbano di Pomonte e mezzo galiego, con la Corsica nel cuore - sono perfettamente conscio che questi animali dovrebbero essere controllati. Soprattutto la loro proliferazione, perché siamo su un'isola e il territorio a loro disposizione non è infinito. Tutt'altro. Sono consapevole dei danni e dei guasti che producono alle colture e ai giardini che razziano per procurarsi da mangiare. Per questo ritengo che sia utile monitorare regolarmente la popolazione di questi ovini selvatici. Ma quando all'improvviso di trovi davanti a loro, allora dimentichi tutto, i loro raid mattinieri fino alle case dei paesi collinari o alle ville nelle valli marcianesi o pomontinchi. Con questi animali superbi davanti capisci il senso della montagna e il suo valore». Già, la montagna. Esiste un 'fil rouge' che unisce Alessio a monte Capanne. Non può stare a lungo senza inerpicarsi lungo i sentieri che portano alla vetta e quando si trova lassù scattare scatta foto a mezzo fiato che puntualmente pubblica sul suo profilo. Non c'è periodo dell'anno che non lo si trovi lassù, fra le nuvole a camminare fra i sentieri granitici. E le sue emozioni le consegna ai video con l'intento che altri, dopo di lui, lo seguano in questo straordinario rapporto con la montagna. Quando lo abbiamo raggiunto telefonicamente perché ci raccontasse com'era arrivato a immortalare questo eccezionale incontro mattutino, si trovava alle Calanche (900 mt), un sito che testimonia insediamenti protostorici. Infatti è caratterizzato da una piazzaforte e una bassa cinta muraria che si adatta alle condizioni orografiche del luogo. Poco distante la grotta alle Pecore, un riparo rupestre frequentato dal paleolitico sino al II millennio a.C., insieme alle formazioni rocciose della Cote Ritta o Sasso Alto, del Sasso Basso e del Gobbetto. Come se non bastasse nella zona è presente anche una necropoli rupestre riferibile all'Età del Bronzo. Qui sono stati rinvenuti frammenti di vasellame, orci frammentari, vasetti miniaturistici e rocchetti in argilla. «L'Elba è questa - dice sempre Alessio - voglio far conoscere questo perfetto insieme fra archeologia, storia e natura. Ma ho un sogno - conclude - riuscire a portare in montagna anche i diversamente abili per far vivere loro questa esperienza».
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domenica 3 novembre 2019
Gli scavi alla Villa romana delle Grotte
Come è stato per lo scavo alla Villa rustica della piana di San
Giovanni, così anche quello alla Villa romana delle Grotte, di proprietà
della Fondazione omonima, si è concluso. Finito il primo step del
programma biennale che mira alla rilettura del sito storico e alla sua
valorizzazione, inserito in un pacchetto di proposte indirizzate a
visitatori, per una migliore comprensione della città nelle epoche
passate e dell'Elba intera. Ma qualche indicazione significativa è già
emersa da questo primo tentativo.Lo ha annunciato la stessa Laura
Pagliantini che ha curato la campagna di scavo insieme con Franco Cambi
ed Edoardo Vanni. «Quella che noi tutti ritenevamo essere la piscina -
ha detto durante la conferenza stampa in cui si è annunciata la chiusura
delle attività di ricerca - alla luce di quanto è emerso finora
dobbiamo sollevare diversi dubbi. Va bene che le strutture murarie
esistenti alte fino a due metri sono state abbattute dai Francesi in
occasione dell'assedio di Portoferraio alle fine del Settecento per
collocare nella zona dei cannoni sa cui si sparava verso la città, ma
non abbiamo intravisto nessun tipo di materiale impermeabile che potesse
testimoniare a favore che quella raccoglieva, nel primo secolo d.C,
dell'acqua». Allora cosa era? Tutte congetture. Ipotesi che hanno
bisogno di essere dimostrate, supportate da reperti che si mette in
conto rinvenire in occasione del secondo step della campagna di scavi in
programma per la primavera 2020. Il dato rilevante è che la struttura è
enorme, complicata da decifrare. Una villa gigantesca che ha avuto il
pregio di 'impaurire' (come ha riconosciuto Pagliantini) gli stessi
ricercatori senesi, viste le sue proporzioni e considerate le
sovrapposizioni, come la buccia di una cipolla, delle generazioni che si
sono succedute e hanno vissuto questi luoghi. «Ma un pregio ce l'ha la
Villa - ha detto il sindaco Angelo Zini - quello di essere il prototipo
del patrimonio storico culturale della città. Ora il nostro compito è
quello di renderlo fruibile al pubblico». Insomma siamo sulla strada
giusta per giungere alla creazione, grazie all'impegno della Fondazione
delle Grotte e del Comune, di una migliore fruizione dell'area, ponendo
le basi per la costituzione di un vero parco archeologico secondo il
rispetto degli scopi statutari della Fondazione dedicati
all'investimento culturale sul territorio. Tutto sommato il 2019 è stato
un anno proficuo per le ricerche archeologiche. In contemporanea ci
sono state due campagne, come detto sopra: una nel podere di Paolo e
Chiara Gasparri, l'altra alle Grotte, indagata solo negli anni '60/'70
da Giorgio Monaco. «Che ha amato a tal punto la Villa - ha ricordato
Lorella Alderighi della Soprintendenza per le Province di Pisa e Livorno
- da soggiornarvi in tenda insieme con la figlia durante le ricerche».
Ed è stata la stessa referente della Soprintendenza a ricordare le varie
manomissioni subite dalla Villa nei secoli. Dopo il saluto di Marino
Garfagnoli, Cecilia Pacini, presidente della Fondazione Villa romana
delle Grotte che ha aperto la conferenza l'ha chiusa ribadendo come sia
importante la collaborazione e la sinergia tra istituzioni, Fondazione,
università e privati. «Solo se si opera tutti insieme - ha concluso - e
uniti verso un unico scopo, si possono ottenere buoni e importanti
risultati». --
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lunedì 16 settembre 2019
Portoferraio bombardata, 16 settembre 1943
I superstiti al primo bombardamento aereo di Portoferraio (degli
oltre cinquanta che la città dovette subire prima della fine del 1945) e che sono
ancora vivi, hanno un ricordo di quel giorno indelebile. Profondo della mattina
del 16 appunto 1943. Era una giornata di sole, come l’Elba sa regalare nel mese
della vendemmia. Il rumore prima sordo, poi a mano a mano sempre più
pronunciato di una squadriglia di Junkers 88 (motori Jumo 211, si alzeranno in volo 10) tedeschi, gli aerei da combattimento in
picchiata della Luftwaffe. Poi le sirene d’allarme e poco dopo le prime
esplosioni delle bombe seguite da una gragnola di colpi. Tutto infine immerso
nel fumo denso, misto di terra e detriti. Chi ha vissuto in prima persona quei tragici
momenti e che oggi ha superato gli ottant’anni ha ancora chiare le immagini.
Sono passati più di settant’anni. Ma è come se fosse ieri. Quella mattina, prima
di mezzogiorno, non si trovavano in città. Bensì in periferia. Chi a Carpani,
come Sauro Lottini. Chi sui colli di Santa Lucia dov’era andato a far legna
Carlo Gasparri. Chi infine a San Giovanni, come Giuseppe Leonelli. Fino a quel
momento la guerra non sapevano cosa fosse. L’avevamo vista nei cinegiornali
dell’istituto Luce che il regime propinava, oppure nei racconti di qualche
reduce o soldato in licenza dal fronte. Ma mai si erano trovati in mezzo. Lo
storico elbano Giuliano Giuliani scrive: “L’orologio di Porta a mare a
Portoferraio segnava le 11,15 quando Giuseppe Leonelli, marinaio sul piroscafo
Ebano Gasperi, raggiungeva il porticciolo di San Giovanni. Era partito a piedi
da Marina di Campo che albeggiava. Era arrivato al moletto e aveva trovato ad
attenderlo il collega Galliano Donnini. Ricorda Leonelli: “Salimmo a bordo
della lancia e Galliano si mise ai remi indirizzando la prua verso il Gasperi”.
Improvvisamente si fermò. ‘Mi sembra di udire un rumore’, disse”. Era la
formazione degli aerei tedeschi in arrivo a Portoferraio. “Il rumore diventò
presto un rombo. Ci voltammo e guardammo verso le colline in direzione di
Capoliveri. Rimanemmo ancora immobili, per un istante. Improvvisamente fummo
investiti da un fragore assordante e vedemmo apparire sulle Grotte, a bassa
quota e in formazione compatta, alcuni aerei. ‘Sono gli Junkers 88 ’, gridò Galliano. Ci
buttammo bocconi sul “carabottino”, in tempo per udire la prima esplosione.
Rimanemmo incollati a quel legno, poi Galliano sollevò lo sguardo verso le
navi: il Gasperi e lo Sgarallino, ormeggiati nella piccola baia, non correvano
apparentemente alcun pericolo”. Quando fu chiaro che si trattava di un attacco
aereo Sauro Lottini (all’epoca aveva 8 anni) era a Carpani. Sapeva che suo
padre aveva fatto una commissione con il camion a Portoferraio. A corsa
raggiunse la città. “Quando arrivai in fondo a via Guerrazzi, vidi un cumulo di
macerie, calcinacci ovunque. Raggiunsi l’ingresso del Palazzo dei Merli e sopra
una catasta di detriti scorsi il cappello di mio padre. Pensai subito che fosse
finito sotto con il camion e a mani nude cominciai a scavare. Lui soffriva di
asma e anche se non fosse stato colpito dalle bombe era a rischio di morte per
tutta la polvere che c’era in giro. Mentre era intento in quel lavoro mi si
avvicinò un conoscente che mi disse di aver visto mio padre sul sagrato della
chiesa. Infatti lo trovai lì. Mi ricordo di averlo portato in collo a Carpani
con tutti i vestiti stracciati e sporcati, ma vivo”. Carlo Gasparri invece era
andato a far legna a Santa Lucia. “Dalla formazione si staccarono due aerei –
ricorda – che vennero a bombardare le caserme di Albereto. Ma le bombe lasciate
cadere esplosero nelle cave lì vicino. Sapevo che mio padre era andato alle
pompe dell’acqua alle Foci, ma in città aveva mamma che mi aveva detto sarebbe
andata alla Sace a prendere il pane con la tessera annonaria per la famiglia.
Poi c’erano i miei fratelli, le mie sorelle. Ricordo che quella mattina non
andai a far legna, ma mi diressi nella piana dove si era levata l’enorme nuvola
di polvere grigiastra. Avvertivo un odore acre, aspro. Per fortuna i miei li
trovai vivi e mia madre portò a casa un filo di pane con una scheggia dentro”.
E Gasparri cita anche un episodio di un altro sopravvissuto, Enea Pacini che
oggi vive a Livorno. “Quella mattina era andato fuori della scogliera di
Montebello a polpi – racconta – quando una bomba esplose vicino al barchino. Suo
padre fu colpito e l’imbarcazione stava affondando. Lui riuscì a guadagnare la
riva e a portare a casa il padre morto. Sono scene da incubo – conclude
Gasparri – che ogni tanto, all’improvviso, riemergono nelle notti di sogni
agitati”.
martedì 3 settembre 2019
Porto Azzurro , nuove isole ecologiche in arrivo
Approvata all'unanimità dal consiglio la convenzione con Ato
Toscana Costa per la realizzazione di 15 nuove ‘Ecoisole informatizzate di
prossimità’ destinate alla raccolta dei rifiuti (spesa complessiva 886.350
euro). La Regione cofinanzierà il progetto al 47 per cento. Che corrisponde a
416.584,50 euro. Il nuovo sistema di raccolta dovrà essere avviato entro e non
oltre il 30 settembre prossimo, in modo tale da vederlo operativo entro il 31
ottobre 2020. Questo il crono programma. Ma intanto, come funziona la raccolta
in paese? Gli utenti conferiscono gli scarti nelle 12 isole ecologiche
interrate di grandi capacità. Esse sono suddivise in 6 postazioni diverse
installate ormai più di 15 anni fa. In ognuna di queste è stato collocato un
contenitore interrato della capacità di 15mila litri, destinato alla raccolta
del “rifiuto solido urbano”. Qui il cittadino inserisce in modo promiscuo e
mescolato sia il “rifiuto secco indifferenziato”, sia il “rifiuto organico”
proveniente dagli scarti di cucina. Su 4
delle 6 postazioni poi è stato
installato anche un secondo contenitore interrato della capacità di circa 7mila
litri destinato alla raccolta del “rifiuto multi materiale” (vetro, plastica e alluminio assieme). Il
tutto poi convogliato nei punti di raccolta Esa. Ma è proprio a causa di questo
miscuglio di materiale che i vantaggi per il Comune sono minimi, conferendo
solo il 17,70 % di differenziata. Ecco che Porto Azzurro ha un’ambizione.
Quella di potersi posizionare fra i comuni più ‘ricicloni’ della Regione. “E’
nostra intenzione – dice il sindaco Maurizio Papi - agire con urgenza e
intervenire prepotentemente e in modo deciso e perentorio sul territorio, per poter raggiungere in
brevissimo tempo (si pensa addirittura entro pochi mesi dalla star-up), quanto
meno il minimo di legge del 65% di frazione differenziata, anche se in realtà
l’obiettivo è piuttosto quello di superare abbondantemente tale percentuale. Ma
anche vogliamo raccogliere una frazione differenziata particolarmente pulita e
‘vendibile’ e di conseguenza ottenere ritorni significativi anche dal punto di
vista economico tali da poter finalmente centrare risultati soddisfacenti anche
in termini di riconoscimenti da parte del Conai”. Una procedura di raccolta di
resti domestici unica, almeno per ora, sull’intera Isola. “Questo è dettato
soprattutto dalle caratteristiche del nostro paese – continua il sindaco –
Porto Azzurro è un comune che a livello turistico è uno dei luoghi più
importanti dell’intero arcipelago toscano. Si tratta di un comune con circa
3.800 abitanti residenti. Essi però in estate, fra seconde case, B&B, case
in affitto, alberghi, aumentano considerevolmente, raggiungendo anche punte di
oltre il 300%. Gestire la raccolta del rifiuto in una cittadina con queste caratteristiche
e con questi importanti flussi di residenti che, a seconda dei diversi periodi
dell’anno, cambiamo in modo così importante e repentino, non è assolutamente
facile. A ciò si aggiunga il fatto che intercettare la frazione differenziata
del rifiuto, diventa ancora più difficile. Infatti attualmente il comune di
Porto Azzurro è posizionato molto in basso nella differenziata. Inaccettabile
per noi. Perché è una quota percentuale assolutamente bassa, soprattutto per
una cittadina con l’elevata vocazione turistica come quella di Porto Azzurro.
Oltre il fatto che, visto la gran parte dei turisti è formata da stranieri, si
corre l’elevato rischio di trasmettere al mondo, un’immagine di Porto Azzurro
che non intendiamo più consentire. Il servizio di 'Porta a porta’ per noi non
va bene. Seguire il calendario è troppo vincolante per gli ospiti con il
risultato di un territorio disseminato di abbandoni. Per questo - conclude Papi
- vogliamo dotarci di attrezzature, strumenti, sistemi elettronici, software e
quant’altro che permettano di rompere immediatamente ogni indugio e avviare un
sistema di raccolta più moderno, più snello e più efficace".
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